Cosa serve, quindi, per e a questa destra? Serve prima di ogni cosa la coerenza. La coerenza e l’onestà intellettuale. Diciamocelo: oggi a destra c’è carenza di questi atteggiamenti e Salvini, che sarà anche un gran portatore di voti – anche se andrebbe analizzato questo dato – cade spesso in contraddizioni; vuoi anche per la demagogia che ha ormai sovrastato tutto il resto. Demagogia, per altro, da dividere elettoralmente con i grillini.
Dunque dobbiamo munirci di onestà intellettuale e senso critico e domandarci, senza riserve e senza paure, che destra vogliamo essere e se è giusto, nei confronti di noi stessi e di chi ha fatto tanto nel passato, che si accetti tutto quello che passa il convento senza nemmeno porsi domande sulla provenienza del cibo e della qualità di esso. Signori, domandiamo a noi stessi se questa Europa la vogliamo cambiare o abbandonare; se questo Paese lo vogliamo rivoltare come un calzino con ricette attuabili e non con scopiazzature; se la questione meridionale ci sta a cuore davvero o crediamo basti mandare via gli immigrati per estirpare lo strato di anticultura che vi abita in Sicilia e in Calabria; se il dibattito che ci stanno offrendo ci soddisfa o ambiamo a cambiarlo mettendo in campo la nostra testa, il nostro punto di vista, la nostra cultura, il nostro orgoglio che ha pochi slogan ma tanto cuore e tanto background. E allora, amici, perché non cercare un leader fresco, liberale, di vedute larghe ma allo stesso tempo con un polso fermo e che ambisce a trasformare il Paese innanzitutto culturalmente per poi metterlo in carreggiata guardando, senza remore, agli Stati Uniti d’Europa e non all’autarchia comunitaria a cui guarda la destra che oggi impera in Europa ma che a conti fatti futuro non ha?
La destra è la vera anima del Paese e non può essere mortificata così. Non può essere emarginata in tribuna e costretta a guardare un così deplorevole disfacimento di idee, ideali e sentimenti che, diciamocelo senza nasconderci, la Lega non ha mai rappresentato. Dobbiamo togliere fuori la passione e capire che una destra alternativa c’è e siamo noi: orfani di un passato glorioso e di dibattiti decisamente più alti che prescindevano dalla ricerca ossessiva di un nemico. Tutto questo non vuol dire buttare giù nulla anche perché, francamente, nulla è stato costruito. Berlusconi è al capolinea e il berlusconismo ha lasciato esponenti orfani dei voti di Berlusconi. Dobbiamo essere onesti e capire che prima di tutto, prima dei voti, prima di Renzi e dell’antirenzismo veniamo noi; vengono i nostri ideali; viene la nostra dignità e il nostro futuro. E, diciamocelo, questo presente non avrà un futuro roseo. Non dobbiamo odiare la sinistra, dobbiamo vincerla. E l’odio, si sa: offusca la mente e non ci permette – come sta avvenendo, mi permetto di dire – di capire quali siano davvero i nostri obiettivi e quali le vere ricette che dobbiamo mettere a disposizione. Non abbiamo più una base, non abbiamo più un orizzonte, non abbiamo più uno stile.
Dobbiamo ritornare a essere la forza del Paese e possiamo riuscirci solo mettendo in campo la lealtà delle nostre idee e dei nostri pensieri. Altrimenti, cari amici, il risultato non può che sfociare in leader eterogenei che – pur volendolo – non riescono a fare il bene della destra e del suo popolo, stanco e umiliato, voglioso di riscatto. Per fare tutto ciò dobbiamo sederci, pulire la testa da ogni pregiudizio, e domandarci: siamo davvero contenti di questa che ci stanno propinando? Da lì, in un modo o nell’altro, trarre le proprie considerazioni.