– A cura di Antonio Belluomo Anello – Se vogliamo che una destra ci sia dobbiamo prima di tutto capire che destra vogliamo, altrimenti dobbiamo accettare tutto senza lamentarci. Quella che stiamo conoscendo in questo ultimo periodo (il periodo più nero di tutta la Seconda Repubblica), è una di accatto, senza una vera identità. Se neghiamo questo fatto vorrà dire che una destra migliore non vogliamo. E’ una destra dalla pelle in continuo mutamento, senza un leader vero e senza una storia quella incarnata da Salvini, che prova ad ergersi a Caudillo di un sentimento e di una base che ormai non ci sono più. O meglio: ad essere in letargo sono il sentimento e la base di una destra calpestata, offesa, paragonata ai comunisti solo perché osa porre domande, si interroga e vorrebbe cambiare i metodi, i toni e piani di una populista e destinata a perdere la corsa a Palazzo Chigi.
Cosa serve, quindi, per e a questa destra? Serve prima di ogni cosa la coerenza. La coerenza e l’onestà intellettuale. Diciamocelo: oggi a destra c’è carenza di questi atteggiamenti e Salvini, che sarà anche un gran portatore di voti – anche se andrebbe analizzato questo dato – cade spesso in contraddizioni; vuoi anche per la demagogia che ha ormai sovrastato tutto il resto. Demagogia, per altro, da dividere elettoralmente con i grillini.
Dunque dobbiamo munirci di onestà intellettuale e senso critico e domandarci, senza riserve e senza paure, che destra vogliamo essere e se è giusto, nei confronti di noi stessi e di chi ha fatto tanto nel passato, che si accetti tutto quello che passa il convento senza nemmeno porsi domande sulla provenienza del cibo e della qualità di esso. Signori, domandiamo a noi stessi se questa Europa la vogliamo cambiare o abbandonare; se questo Paese lo vogliamo rivoltare come un calzino con ricette attuabili e non con scopiazzature; se la questione meridionale ci sta a cuore davvero o crediamo basti mandare via gli immigrati per estirpare lo strato di anticultura che vi abita in Sicilia e in Calabria; se il dibattito che ci stanno offrendo ci soddisfa o ambiamo a cambiarlo mettendo in campo la nostra testa, il nostro punto di vista, la nostra cultura, il nostro orgoglio che ha pochi slogan ma tanto cuore e tanto background. E allora, amici, perché non cercare un leader fresco, liberale, di vedute larghe ma allo stesso tempo con un polso fermo e che ambisce a trasformare il Paese innanzitutto culturalmente per poi metterlo in carreggiata guardando, senza remore, agli Stati Uniti d’Europa e non all’autarchia comunitaria a cui guarda la destra che oggi impera in Europa ma che a conti fatti futuro non ha?
La destra è la vera anima del Paese e non può essere mortificata così. Non può essere emarginata in tribuna e costretta a guardare un così deplorevole disfacimento di idee, ideali e sentimenti che, diciamocelo senza nasconderci, la Lega non ha mai rappresentato. Dobbiamo togliere fuori la passione e capire che una destra alternativa c’è e siamo noi: orfani di un passato glorioso e di dibattiti decisamente più alti che prescindevano dalla ricerca ossessiva di un nemico. Tutto questo non vuol dire buttare giù nulla anche perché, francamente, nulla è stato costruito. Berlusconi è al capolinea e il berlusconismo ha lasciato esponenti orfani dei voti di Berlusconi. Dobbiamo essere onesti e capire che prima di tutto, prima dei voti, prima di Renzi e dell’antirenzismo veniamo noi; vengono i nostri ideali; viene la nostra dignità e il nostro futuro. E, diciamocelo, questo presente non avrà un futuro roseo. Non dobbiamo odiare la sinistra, dobbiamo vincerla. E l’odio, si sa: offusca la mente e non ci permette – come sta avvenendo, mi permetto di dire – di capire quali siano davvero i nostri obiettivi e quali le vere ricette che dobbiamo mettere a disposizione. Non abbiamo più una base, non abbiamo più un orizzonte, non abbiamo più uno stile.
Dobbiamo ritornare a essere la forza del Paese e possiamo riuscirci solo mettendo in campo la lealtà delle nostre idee e dei nostri pensieri. Altrimenti, cari amici, il risultato non può che sfociare in leader eterogenei che – pur volendolo – non riescono a fare il bene della destra e del suo popolo, stanco e umiliato, voglioso di riscatto. Per fare tutto ciò dobbiamo sederci, pulire la testa da ogni pregiudizio, e domandarci: siamo davvero contenti di questa che ci stanno propinando? Da lì, in un modo o nell’altro, trarre le proprie considerazioni.