-di Francesco Severa- Esistono precisi momenti nella storia democratica del nostro paese durante i quali decidere di riempire la propria auto con ombrelloni e teli da mare per recarsi, di buon mattino, sulla prima spiaggia utile tra Gaeta e il Circeo a prendere il sole e a leggere l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, diviene l’espressione di una nobilissima scelta politica; precisi momenti durante i quali prendere bastone e scarponi ed andare a passeggiare con la propria fidanzata tra i boschi di faggio che riempiono i lievi pendii intorno a Pescasseroli diviene una coraggiosa e silenziosa rivolta contro l’assordante vociare dei democratici per convenienza; precisi momenti durante i quali fuggire per un giorno in cerca dell’edenica bellezza dei mille campanili incastonati tra i vicoli della Roma più nascosta è una ragionata e legittima rivendicazione della propria libertà di pensiero. E nonostante eminentissime voci, per lo più interessate, si siano levate negli ultimi giorni a sentenziare solennemente che l’astensione dal voto per un referendum abrogativo non possa che rappresentare un turpe segno di disinteresse per la vita pubblica della nazione, se non ancor di più un attentato deliberato alla democrazia, difficilmente si può negare che esista un’intima coerenza giuridica e razionale in una scelta di questo genere. Nel momento stesso in cui la nostra Costituzione traccia i caratteri dell’istituto referendario all’articolo 75, ponendo la partecipazione alla votazione del cinquanta per cento più uno degli aventi diritto quale condizione fondante per la positiva riuscita della consultazione, indirettamente riconosce nell’astensione una forma legittima ed intelligente di espressione del dissenso. Il dovere civico del voto, ricordato dall’articolo 48, non può essere semplicemente ricondotto ad un mero obbligo di recarsi alle urne – obbligo che non dispone nemmeno più di una disciplina coattiva in Italia -, ma è al contrario un più profondo invito ad una presa di coscienza del singolo cittadino chiamato a fare una scelta partecipando alla vita democratica della nazione. Ma cosa impedisce allora che tale presa di coscienza si identifichi in una consapevole rinuncia al voto? Ancora di più questo nel nostro sistema referendario che, viste le sue caratteristiche peculiari, trasforma tale scelta nella più intelligente delle scelte per chi vuole far fallire la consultazione; l’astensione diviene un dissenso rafforzato, un “no che vale doppio” direbbe Cossiga. Non è allora lo strumento ideale questo per prendere le distanze da questo estremo ambientalismo di maniera, che trasforma il sacrosanto amore per la creazione in disprezzo per l’uomo? Estremo ambientalismo che vorrebbe tutti convertirci alla folle idea di un sistematico no ad ogni forma di sviluppo energetico, con l’unica alternativa di ritrovarci in una novella preistoria purtroppo non solo materiale, ma ancora di più spirituale; estremo ambientalismo che individua quale geniale alternativa alle fonti fossili seppellire l’Italia sotto una distesa infinita di pannelli solari. C’è anche chi, poco sensibile alle tematiche ambientali, ha tentato da destra di trasformare questo referendum in una spallata al governo Renzi e quindi, nel disprezzo assoluto di ogni coerenza ideologica, ha deciso, per convenienza, di abbracciare senza riserve l’ecologismo sinistroide. E’ una strategia. Rispettabilissima dopo tutto, ma evidentemente fallimentare. Perché è chiaro che non si può pensare che ogni idea ne valga un’altra; non si può pensare che la mera convenienza possa ispirare una strategia politica a lungo termine; non si può pensare che si possa portare avanti un progetto politico senza avere il coraggio delle proprie convinzioni. Credere che un’alternativa a Renzi si costruisca superando lo stesso Renzi per inconsistenza ideologica e opportunismo è semplicemente stupido. Rimane comunque un sentimento di profondo rimpianto, direi forse di più il rammarico di un’occasione persa, nel constatare che quel coraggio, dimostrato oggi dal governo, di mettere la faccia su una scelta energetica, su una decisione politica, perfino su degli scandali, mancò a Berlusconi ed al centrodestra nel 2011 quando si parlava di acqua e nucleare.