– di Riccardo Boccolucci – Nella scorsa notte si sono svolte le Primarie, sia Repubblicane che Democratiche, a New York City. Ancora una volta i protagonisti assoluti della scena sono stati il Tycoon della grande mela Donald J. Trump, e la ex First Lady e Segretario di Stato Hilary Clinton.
Partendo da un analisi delle Primarie del Partito Repubblicano, i risultati di oggi possono essere sintetizzati in questo modo: la netta vittoria di Trump (Kasich fermo al 22,0% e Cruz al 13,7%)con un risultato di gran lunga superiore alle aspettative (64,3%), riaccende la sua speranza di ottenere i 1.237 delegati necessari per ottenere la nomination ed evitare soprattutto la Convention (contestata) che avrebbe luogo durante i mesi estivi.
Per il miliardario Trump saranno fondamentali i risultati che otterrà nelle prossime settimane in stati chiave come l’Indiana e la California a Giugno.
Questa vittoria è importante perché inverte una tendenza che sembrava essersi imposta nelle ultime settimane: infatti le vittorie di Ted Cruz in Wisconsin, Colorado e Wyoming davano la percezione che la campagna di Trump stesse subendo le prime incrinature. Non è stato così; la vittoria a New York è stata netta e senza ombre.
A questo punto il conservatore texano Cruz non può nemmeno più pensare di raggiungere i 1.237 delegati necessari a ottenere la nomination. Soltanto un eventuale scontro alla Convention di Luglio, nel caso Trump non ottenesse la maggioranza assoluta, potrebbe trasformare Cruz nel candidato ufficiale. Ma questa ipotesi, vista anche la pesante sconfitta subita nelle ultime ore, pare poco probabile.
Per quanto riguarda il Partito Democratico, a meno di totali sconvolgimenti, la partita è definitivamente chiusa: Hillary Clinton sarà la candidata Presidente del Partito Democratico.
Dopo otto sconfitte consecutive, Hillary aveva bisogno di una vittoria convincente a New York City. E’ quello che è avvenuto. L’ex Segretario conquista il 63,3% dei voti, mentre Sanders si ferma al 36,6%.
A New York City, la Clinton prevale in tutti e cinque i “boroughs”: vince a Manhattan, nel multiculturale Queens e anche a Brooklyn, dove Bernie sembrava avere qualche speranza (il senatore è nato a Flatbush, una zona di Brooklyn). La Clinton si impone anche a Long Island: nelle aree più ricche ma anche in quelle dominate da ceti di piccola e media borghesia e dalla working class.
Un dato importante emerge dall’analisi dei flussi di voto, dove appare che la candidata ha guadagnato la preferenza di praticamente tutti i gruppi etnici e sociali: elettori anziani, donne, neri e ispanici.
Ora per Bernie Sanders la vera sfida è quella di trasformare tutto il consenso che è riuscito ad ottenere durante la sua corsa in una radicata componente per spostare sempre più a sinistra il Partito Democratico ed esprimere ulteriori candidati presidenti, senatori o deputati di stampo più “liberal” in futuro.