Quella che ci si accinge ad approvare è una revisione costituzionale che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, dichiarativa dell’incostituzionalità di talune norme del c.d. Porcellum, non avrebbe dovuto essere nemmeno presentata in questa legislatura.
La Corte costituzionale affermò che, a seguito dell’incostituzionalità di tali norme, le Camere avrebbero potuto continuare ad operare solo attraverso il «principio fondamentale della continuità dello Stato»: possibilità concessa entro un quadro limitato nel tempo, come esemplificato dalla stessa Corte, in quella sentenza, col richiamo alla prorogatio prevista negli articoli 61 e 77, comma 2, Cost., che prevedono un tempo massimo di tre mesi.
Una legge di revisione costituzionale davvero mal composta nel contenuto, e pertanto contraria all’art. 48 Cost., in quanto porta l’elettore ad esprimere con un solo voto il suo favore sia a proposito sia delle modifiche alla forma di governo, sia delle modifiche ai rapporti tra Stato e autonomie locali.
I principi costituzionali che sono esplicitamente violati dal d.d.dl. Renzi-Boschi sono: il principio della sovranità popolare di cui all’art. 1 Cost. ed il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. Il principio secondo il quale «la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto (…) costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare» è violato dal “nuovo” art. 57, commi 2 e 5, il quale, attraverso una dicitura tutt’altro che all’altezza di una carta costituzionale ed esclude la possibilità che i senatori-sindaci non vengano eletti dai cittadini nemmeno in via indiretta. Oltretutto si prevede anche che la scelta dei senatori-consiglieri regionali avvenga da parte dei consiglieri regionali, attraverso il processo di formazione della rappresentanza democratica emerso dal risultato delle elezioni regionali. Per cui troviamo un equivoco enorme: o l’elezione dei senatori-consiglieri si conformerà integralmente al risultato delle elezioni regionali e allora ne costituirà un inutile duplicato oppure ci troveremo in violazione del principio dell’elettività diretta del Senato sancito dall’art. 1 della Costituzione.
La necessità dell’elezione diretta dei senatori non è una scelta solo politica ma un’opzione inevitabile visto che il Senato eserciterebbe sia la funzione legislativa sia la funzione di revisione costituzionale che rappresentano il più alto esercizio della sovranità popolare.
Per questo si comprende come sia ineludibile il voto dei cittadini che, della sovranità popolare, «costituisce il principale strumento di manifestazione».
Tra le ragioni della violazione del principio supremo di eguaglianza e razionalità (art. 3), la prima e più evidente consiste nella evidente differenza numerica dei deputati rispetto ai senatori, che rende praticamente irrilevante – nelle riunioni del Parlamento in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti laici del CSM – la presenza del Senato a fronte della sovrabbondante rappresentanza della Camera.
Cosa irragionevole anche il fatto che i 95 senatori eletti dai consigli regionali continuerebbero ad esercitare part time la funzione di consigliere regionale o di sindaco.
Il paragone poi con il sistema federale tedesco risulta essere davvero inopportuno: il Bundesrat, l’equivalente tedesco del nostro Senato è costituito dalle sole rappresentanze dei singoli Länder che, a seconda dell’importanza del Land, hanno a disposizione da 3 a 6 voti per ogni deliberazione.
Prima di tutto i cittadini dei singoli Länder eleggono il Governo del Land, ma non, indirettamente, il Bundesrat: ciò che deve essere sottolineato è che nel Bundesrat sono presenti i singoli Governi del Länder, con tutto il loro peso politico derivante dall’elezione popolare.
Grazie poi al fatto che solo la Camera dei deputati esprime il rapporto fiduciario col Governo e, grazie all’Italicum – in conseguenza del quale il partito di maggioranza relativa, anche col 30 per cento dei voti e col 50 per cento degli astenuti, otterrebbe la maggioranza dei seggi – l’asse istituzionale viene sbilanciato fortemente in favore dell’esecutivo.
Davanti a una riforma così mal fatta e così drammaticamente pericolosa per il mantenimento di un’architettura istituzionale capace di tenere in equilibrio i tre poteri dello Stato, noi ci spenderemo in tutto il paese per promuovere il Comitato Popolare per il No al referendum: perché la Costituzione è un patrimonio di tutti, non di qualcuno.