Saremo presenti non per cercare consenso in una piazza che oggi non vede nella politica risposte all’altezza della loro aspettativa: saremo in piedi insieme alle migliaia di persone che parteciperanno per ascoltare e raccogliere il grido di libertà e verità che verrà testimoniato da quella piazza. Faremo ciò che la politica da tempo ha cessato di compiere: rappresentare gli ideali per i quali un partito nasce e vive. La famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna e tesa alla procreazione di un figlio o più figli non è un’etichetta per andare a caccia di voti in tempi di magra in termini di consenso elettorale: è il fondamento di un’azione politica autenticamente capace di generare benessere per tutti.
Perché? Perché una società che non crede nel futuro, che non ha fiducia nel domani, che non mette al mondo figli che possono raccogliere i frutti dei genitori, è una società destinata a morire. Solo mettendo al centro della progettualità governativa la famiglia naturale come soggetto capace, se sostenuto e valorizzato, di generare crescita e sviluppo per tutti (anche per chi la famiglia non ce l’ha o non ha intenzione di crearla) potremo riportare la parola ‘speranza’ nel nostro vocabolario. Il vero aumento di PIL per l’Italia sarebbe un reale incremento demografico e un sistema legislativo e finanziario in grado di portare un segno più nei dati ISTAT sui nuovi matrimoni in Italia.
Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, però, non occorre solo la capacità pragmatica di opzioni politiche a sostegno della famiglia naturale: occorre avere ben chiaro cosa si intende per famiglia e non aprire le porte a normative che possano danneggiarla o, peggio ancora, snaturarla. Per questo scendere in piazza per chiedere il ritiro del disegno di legge Cirinnà bis sulle unioni civili ha senso: iniziative del genere, oltre a non avere alcun nesso con il bene comune del paese, sono portatrici di fratture insanabili nella struttura istituzionale italiana che poggia sulla famiglia naturale come previsto all’art. 29 della nostra Costituzione.
Come da tempo il Card. Scola va dicendo, occorre oggi portare le ragioni di una fede che si fa cultura nell’agone democratico affinché siano realmente riscontrabili come maggioranza nel paese. Non viviamo più in una società compiutamente cristiana ma in una società che nega, pur essendone segnata in ogni ambito, le proprie radici giudaico-cristiane: profetiche sono oggi le parole di Chesterton quando disse che ‘Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto’. Dovremo dunque essere capaci di impegnarci proficuamente per ridefinire i contorni del nostro ‘essere comunità’ partendo dal non dare più per scontato ciò che per millenni ha rappresentato l’architrave della nostra civiltà.
Dopo il fallimento del multiculturalismo e la vittoria del pensiero illuminista che pervade oggi ogni ambito del vivere civile, essere in più di un milione in Piazza San Giovanni per dire che la famiglia nasce dall’impegno amorevole (matrimonio) tra un uomo ed una donna che genera un figlio significa essere capaci, da laici cristiani e non, di proporre una visione della società che vogliamo in grado di convincere, cioè vincere insieme, la sfida della speranza contro quella della paura.
I Popolari per l’Italia saranno in piazza proprio per raccogliere questa speranza e tradurla in azione di rappresentanza politica attiva e leale. Dico leale e coerente perché troppo volte la politica ha tradito il mandato elettorale delle proprie comunità di riferimento: un altro errore di questo genere e l’ultima possibilità di una politica autenticamente capace di bene comune andrebbe persa e con essa anche la natura stessa della politica.
Con umiltà e coraggio porteremo avanti questo tentativo, facendo nostre le parole che Benedetto XVI disse a Cagliari nel 2008: ‘… il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile’.