Il Papa dispensa sorrisi a tutti, compresi gli abusivi di casa nostra.
Poi, quando però arriva il presidente degli Stati Uniti, eletto a dicembre grazie al voto di milioni di cittadini liberi e che governa da meno di 6 mesi, ecco che quel viso diventa grigio e severo.
Stavolta quel broncio ha superato ogni limite ed è diventato sgradevole per chi crede nei valori della democrazia a prescindere da chi vinca le elezioni. So che parlare di democrazia a chi vive in una delle poche teocrazie della terra non sia propriamente il massimo, ma ogni volta che si dica o meglio ancora si taccia qualcosa ci si sottopone alle critiche.
Troppi silenzi sui diritti umani a Cuba, come se le migliaia di dissidenti uccisi fossero dei poveri imbecilli. Stesso vale per il Venezuela, per l’Argentina, per l’Egitto, per l’Arabia Saudita e così via. I diritti umani dovrebbero essere al primo posto per chi predica il Vangelo e non un opcional che diventa secondario di fronte alla simpatia del singolo personaggio.
Gli Stati Uniti sono gli stessi di Obama, la violenza e le armi sono perfettamente gli stessi di un anno fa e non è possibile che un capo di Stato nonché un leader spirituale si permetta certe cadute di stile.
Piazza San Pietro è sempre più vuota la domenica, il Giubileo della Misericordia è stato un flop senza se e senza ma.
Non è il brand a non funzionare, ma il Presidente del Consiglio d’amministrazione a dover essere urgentemente sostituito. Parafrasando Woody Allen “non ho nulla contro Dio, è il suo fan club che mi spaventa”.