La Città Eterna possiede il più vasto patrimonio artistico a livello mondiale, poiché le nostre radici hanno visto il passaggio di storici agenti come i greci e gli antichi romani (solo per citare alcuni esempi): un immenso bagaglio culturale capace di portare grosse entrate al comune, se pensiamo alla quantità di turisti che vengono dall’estero per guardare le nostre bellezze. Ma la Capitale spesso dimostra di non essere cosciente riguardo l’immensità culturale che possiede, peggiorata dalla profonda ignoranza dei governanti che si sono susseguiti ad amministrare la zona e i beni culturali romani. Roma non si ferma a emblemi come il Colosseo o i Fori Imperiali (che a modo loro, attualmente vivono una situazione di crescente abbandono), ma vede immensi patrimoni anche nell’entroterra: questo è il caso del sito archeologico di Ostia Antica.
Il vecchio porto è un’importante traccia storica e culturale dell’Impero Romano, che si operò per fondare e sviluppare questi territori. Il valore di tale spazio archeologico è inestimabile, calcolando la potenzialità attrattiva verso i turisti che vengono a visitare la nostra città. Ma Roma e l’Italia sono coscienti di tale patrimonio e del suo valore? A quanto pare no! Gli scavi di Ostia Antica vengono barbaramente considerati un’attrazione di nicchia, senza che le amministrazioni investano fondi per riqualificarli e renderli più facili da raggiungere ai turisti e ai romani. Basterebbe poco per incrementare le visite, se pensiamo poi alla vicinanza con l’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma: migliori collegamenti pubblici, più punti ristoro interni all’area, maggiore pubblicità di Roma Capitale sulla zona (che inoltre possiede ulteriori beni artistici esterni all’area archeologica). Un turista – come un cittadino capitolino – trova difficoltà a raggiungere Ostia Antica, in primis per i tanti disservizi legati al trasporto pubblico: dai cattivi collegamenti di metro e autobus, a passaggi non agibili ai disabili per arrivare al sito storico dalla stazione ferroviaria. Aggiungiamo anche la mancanza dei punti ristoro all’interno dell’area archeologica, che con la sua vastità non fa bastare una giornata per visitarla (in ore e ore di cammino, un visitatore avrà pure bisogno di mangiare e bere).
È brutto sentire come quest’immenso patrimonio venga descritto in negativo da testate internazionali come il Wall Street Journal, che ci bacchetta per non saper gestire quest’eccellenza mondiale. Ma le colpe di tutto ciò a chi vanno attribuite? Ancora una volta le responsabilità sono della politica locale e nazionale. Al X Municipio e al Campidoglio non hanno mai saputo prendere a cuore la causa di Ostia Antica, mancando sempre d’interventi che riqualificassero lo stesso sito archeologico e le altre bellezze artistiche della località. Le migliorie sui punti ristoro o il potenziamento dei mezzi pubblici sono solo una faccia della medaglia, visto che tanti altri luoghi della zona romana non sono sfruttati a dovere: pensiamo al Castello di Giulio II (situato all’interno del borgo cittadino e chiuso al pubblico da mesi) e al vecchio lavatoio romano (lasciato al degrado e all’abbandono, dopo un restyling avvenuto nel 2014). Ampie responsabilità ricadono anche sul Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, diretto attualmente dal ministro Franceschini. Tale organo istituzionale dovrebbe controllare in prima persona le attività degli scavi, ma in tanti anni ha fatto mancare il proprio sostegno o progetti concreti per la riqualificazione del sito archeologico e dell’intera zona: basti pensare come da mesi le realtà territoriali non riescono a parlare con gli emissari del Ministero alla Cultura, per affrontare questa delicata questione.
Ostia Antica con il suo patrimonio artistico sarebbe utilissima a livello economico per le tasche romane, visto che la Città dovrebbe far ripartire la sua economia proprio dal turismo: ecco perché è necessario investire fondi in questo territorio e aiutare – in termini di visibilità – le attività commerciali lì presenti. Serve quindi una futura amministrazione che si prenda a cuore questa faccenda, non lucrandoci in campagna elettorale per prendere voti.