Dal 2010, anno in cui si è presentato per la prima volta alle elezioni amministrative, il Movimento 5 stelle è riuscito a vincere in soli 16 comuni, numeri certamente non eccezionali, considerando gli oltre 8000 comuni disseminati sull’intero territorio nazionale.
Dei sedici comuni, ben sei sono stati ottenuti alle elezioni amministrative del maggio 2015: si tratta di Porto Torres (SS), Quarto (NA), Venaria (TO), Augusta (SR), Gela e Pietraperzia (EN). Le regioni apripista per Grillo & Co sono state il Veneto, con Sarego (VI) e Mira (VE) e l’Emilia Romagna, con Comacchio (FE) e Parma, nel maggio 2012. Nel 2013 sono arrivate Assemini (CA), Pomezia (RM) e Ragusa; invece nel maggio 2014 sono arrivate le vittorie a Livorno, Civitavecchia (RM) e Bagheria (PA).
In questi anni i sindaci grillini non si sono certamente caratterizzati per delle azioni di buon governo e per un’amministrazione efficiente e proficua, aspetto su cui si può anche soprassedere vista la loro totale disabitudine amministrativa, ma una cosa su cui tutti avrebbero giurato è la loro onestà e il loro stare lontano da qualsiasi vicissitudine giudiziaria.
Tantò tuonò che piovve! Sugli amministratori grillini sono iniziate a cadere richieste di rinvii a giudizio, richieste di avvisi di garanzia e via dicendo, provvedimenti da cui i grillini sembravano essere immuni per intercessione divina.
Si potrebbe iniziare a parlare dei vari consiglieri regionali piemontesi, emiliani e siciliani indagati e poi per la maggior parte assolti nel 2013 e 2014 per questioni relative ai rimborsi dei gruppi consiglieri, ma mi piacerebbe portare l’attenzione sulle recenti vicende giudiziarie che hanno interessato alcune amministrazioni grilline, tra cui quelle dei due maggiori comuni da loro governati, ovvero Parma e Livorno.
Non si può non parlare del comune di Quarto, con una situazione torbida con i contorni ben poco delineati: indagini su abuso edilizio del sindaco Rosa Capuozzo, due assessori che vanno via e che denunciano una chiara incapacità del gruppo consiliare e dell’amministrazione, indagini su infiltrazioni camorristiche sul consigliere più votato, accusato e indagato per intrattenere rapporti con un clan e per aver segnalato il nome di un assessore.
A Livorno il sindaco Nogarin ha ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta per la gestione dell’Azienda Ambientale Pubblici Servizi, così come il suo assessore al bilancio, nonché il sindaco uscente appartenente al Partito Democratico.
Notizia degli ultimi giorni è anche l’avviso di garanzia ricevuto dal sindaco di Parma Pizzarotti, forse il miglior amministratore che il Movimento possa vantare, insieme al suo assessore alla cultura, per abuso d’ufficio relativamente alle nomine presso il Teatro Regio della città.
Salta immediatamente all’occhio l’elevato percentuale di persone in
dagate rispetto all’esiguo numero di amministrazioni guidate dal Movimento 5 Stelle, cifra sicuramente paragonabile a quelle espresso dalle cosiddette “società del malaffare”, così come vengono definite dai grillini il Partito Democratico e Forza Italia.
Ma assai problematico, per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, è la cosiddetta questione morale. I grillini, all’inizio della propria esperienza amministrativa, erano giustizialisti all’ennesima potenza, chiedevano le dimissioni di chiunque sia stato anche solo sfiorato da un sospetto o da un’indagine, al grido di ONESTA’!
Nel corso degli anni hanno iniziato a mutare il loro atteggiamento: giustizialisti verso qualsiasi indagato di un partito diverso dal loro, garantisti verso indagati del loro partito.
In questi giorni, dopo le notizie su Livorno e Parma, i membri del Direttorio hanno iniziato a parlare di eventuali dimissioni degli indagati, solo dopo aver ben chiarito il quadro giudiziario e non basandosi più su un semplice avviso di garanzia, mostrando un atteggiamento garantista, che un tempo era ad appannaggio esclusivo del centrodestra.
Questo atteggiamento garantista sta diventando parte integrante del metodo grillino e del Partito Democratico verso gli indagati del proprio partito, mantenendo un comportamento ferocemente giustizialista verso gli aderenti ad altri partiti.
Questo atteggiamento a corrente alterna, che varia a seconda dell’appartenenza politica della persona indagata, non è certamente il massimo della coerenza e della correttezza; in ogni caso, il problema esiste – un problema elettorale, ma pure e soprattutto etico – e la questione morale è una battaglia dirimente per i 5 Stelle. Renzi può permettersi di fregarsene, come peraltro fa: i 5 Stelle non possono. Se vogliono dimostrarsi credibili al punto da governare nelle grandi città e nel Paese, devono muoversi nelle prossime settimane con grande chiarezza e lucidità; anche a costo di tornare al voto a Livorno e Parma e anche a costo di rimangiarsi qualche parola del passato.