Il Presidente Macron ha nominato Michel Barnier, uomo della destra neogollista e il fronte di sinistra impazzisce. L’estrema sinistra è isolata e all’opposizione. Dopo 50 giorni di stallo e di crisi è stato impossibile formare una maggioranza tra liberali ed estrema sinistra.

A cura di Giorgio La Porta – Arriva la fumata bianca dopo 50 giorni di crisi in Francia. Il Fronte Popolare che doveva arginare l’ascesa della destra lepenista è riuscita nel suo intento di non mandare Bardella al Governo nonostante fosse il primo partito del Paese con il 37% dei consensi, ma non è riuscito allo stesso tempo a trasformare questa desistenza elettorale anti destra in una alleanza politica capace di avere un programma comune e formare un Governo.

I due partiti che hanno infatti fatto l’alleanza elettorale in chiave antidestra sono i liberali di Macron (che in Italia corrispondono ad Azione di Calenda) mentre la sinistra di Melanchon non corrisponde al Pd ma alla sinistra di Fratoianni. Già nei precedenti articoli avevo sottolineato come fosse impossibile mettere insieme due forze così eterogenee all’interno dello stesso Governo.

il nuovo premier è Michel Barnier, figura di grande esperienza sia a livello nazionale che europeo, ex ministro, ex commissario europeo e negoziatore principale per la Brexit, è stato scelto da Emmanuel Macron dopo oltre 50 giorni di stallo politico senza un governo alla guida della Repubblica. A 73 anni, Barnier diventa il primo ministro più anziano della storia della Quinta Repubblica francese, subentrando al più giovane premier, Gabriel Attal.

Esponente della destra neogollista e appassionato di montagna, Barnier si descrive come un “patriota ed europeo”. Il suo lungo curriculum include incarichi ministeriali sotto Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, oltre al ruolo di commissario europeo e capo negoziatore per l’uscita del Regno Unito dall’UE tra il 2016 e il 2021, un compito che ha affrontato con grande abilità, guadagnandosi rispetto e apprezzamento.

La nomina di Barnier ha però suscitato forti critiche. Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, ha accusato Barnier di non rappresentare il Fronte Popolare vincente delle elezioni, dichiarando che l’elezione è stata “rubata”. Mélenchon ha anche invitato alla mobilitazione per una manifestazione il 7 ottobre, denunciando una “negazione della democrazia”.

Anche il Rassemblement National di Marine Le Pen ha espresso critiche pesanti, definendo Barnier “un fossile” della politica, incapace di ispirare. Nonostante le critiche, il partito non presenterà immediatamente una mozione di sfiducia, contrariamente a quanto avrebbe fatto se fosse stato nominato Xavier Bertrand.

Il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha dichiarato che il partito giudicherà il programma di Barnier prima di decidere se votare la sfiducia, chiedendo che i temi prioritari per i francesi, come il potere d’acquisto, la sicurezza e l’immigrazione, vengano affrontati. Nel frattempo, alcuni esponenti del partito, come Sébastien Chenu, pur criticando la nomina, hanno mostrato una certa apertura, aspettando di vedere se Barnier proporrà la riforma proporzionale.

La proporzionale, infatti, è una delle condizioni avanzate da Le Pen per non sfiduciare il nuovo governo, insieme alla richiesta di affrontare le questioni legate all’immigrazione, alla sicurezza e al rispetto del Rassemblement National come prima forza politica del Paese.