– a cura di Simona Aiuti – Quando Giulio Cesare condusse due campagne militari in Britannia (la prima nel 55 a.C. e la successiva l’anno dopo), portò parte dell’isola sotto la sfera d’influenza di Roma. Le navi approdarono sulla costa del Kent, e il Senato dichiarò ben venti giorni di feste pubbliche a Roma per celebrare questo evento senza precedenti.
In seguito si riuscì a sottomettere le tribù britanniche imponendo una forma di sudditanza alle popolazioni meridionali, ma già da prima, celti, belgi e popolazioni ispaniche da molti secoli invadevano questi territori costituiti da tribù, come anche del resto in buona parte dell’Europa, ma sempre in lotta tra loro; nuclei barbari non alfabetizzati.
In seguito Vespasiano sottomise il sud-ovest dell’Inghilterra dopo la battaglia del Medway. Le truppe romane sconfissero i britanni guidati da Togodumno, mentre il fratello Carataco sopravvisse, continuando a guidare la resistenza dal Galles.
Dopo la conquista vera e propria, la Britannia divenne una provincia imperiale, sottoposta al governo di un legatus Augusti pro praetore di rango consolare. Vennero fondate le colonie di Camolodunum, Londinium e Verulamium (Londra e St. Albans). Tuttavia molti continuarono strenuamente a opporsi ai romani.
La dominazione con fortune alterne, finì nel 410 d.C.
Questo lungo e per taluni inutile preambolo, non è per niente una divagazione sciocca, bensì è importante per capire lo spirito, l’idea e il piglio dei britannici e non dovrebbe per niente stupire la “brexit” di oggi, tenendo conto che di fatto i britannici erano già con un piede fuori dall’Europa, continuando a battere sterlina e a far parte del Commonealth. La storia è fatta di eventi consequenziali e se noi abbiamo “il diritto” è perché qualcuno ce lo ha lasciato e tramandato un po’ come il parlamento romano della Gran Bretagna.
Piaccia o no, i romani, come popolo e impero estremamente avanzato sotto tutti i punti di vista, ha colonizzato, civilizzato e di fatto tolto dall’indigenza delle genti che vivevano quasi ferme all’età del bronzo. I britannici furono alfabetizzati, ebbero strade, strutture pubbliche, acqua corrente e appresero una cultura che usarono sempre come arma contro i romani colonizzatori, considerando straniero e da cacciare quel popolo che con colonie amene, pose le basi per la nascita di una grande Nazione.
Il popolo britannico ha avuto la possibilità di evolversi, anche con un territorio senza risorse intrinseche, anche se ha vissuto nella sua storia pagine di grande povertà, con larghe sacche d’indigenza che si è protratta nei secoli, perfino in epoca Elisabettiana.
Eppure l’ostilità verso la cultura mediterranea, romana e poi italiana è sempre stata vivida e talvolta feroce. Essi hanno appreso le tecniche militari, il diritto e le conoscenze che hanno rivolto verso chi li ha aiutati a uscire dall’essere un gruppo di tribù.
Per amore di verità è giusto sottolineare che il mondo intellettuale britannico ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la cultura italiana, tuttavia si tratta di una minoranza. L’ostilità verso chi è o potrebbe essere un invasore, nel popolo suddito di sua maestà Elisabetta seconda, esiste, sopravvive ed è ancora molto forte.
Essi amano dire che l’Inghilterra non è stata mai invasa e ciò è falso, poiché come queste righe hanno espresso, ciò è accaduto molto spesso. Il fatto volutamente ignorato però è che da queste cosiddette invasioni, da cui sono scaturiti sia scambi culturali sia commerciali, la Britannia ha avuto molti vantaggi.
Isolarsi è una buona idea? Io non credo e poi, prima o poi alcune nazioni aderenti al Commonwealth potrebbero seguire l’esempio della Gran Bretagna e decidere con un referendum di staccasi e allora sì che ci potrebbero esserci problemi per i sudditi della regina.