Millenaria storia di scambi, vicinanza geografica, complementarità dei sistemi produttivi italiano ed egiziano – con uno sviluppo della piccola e media impresa egiziana plasmata sul modello italiano. Le relazioni internazionali tra Italia ed Egitto, prima dei misfatti, erano intense ed eccellenti. Primo partner commerciale tra i Paesi europei, con un solido interscambio di oltre 5 miliardi, Roma godeva (e continua a godere) di un rapporto privilegiato e strategico con il Paese nordafricano; nonostante la crisi economica e la dinamicità della situazione politica, si è assistito ad un consolidamento della presenza commerciale italiana al Cairo. ENI, tanto per citare la più importante, è il principale operatore petrolifero straniero nel Paese, dove vanta una stabile e influente presenza di oltre 50 anni. Inoltre, di non minor importanza, l’Italia, spesso percepita come simbolo di classe, eleganza e credibilità, non rappresentava alcuna minaccia immediata e ciò che è italiano continua ad essere fortemente apprezzato dagli egiziani.
Ma l’elevata visibilità ottenuta sui media internazionali, la mancanza di franchezza da parte delle autorità egiziane e lo stallo della collaborazione giudiziaria ha spinto l’Italia ad accantonare gli interessi economici ed intervenire direttamente: Roma ha, così, chiesto ai governi europei di mettere sotto pressione l’amministrazione egiziana; il governo britannico ha richiesto un’indagine trasparente; il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in cui condannava esplicitamente l’uccisione del ricercatore. Infine, è stato richiamato – tardivamente – per consultazioni, l’ambasciatore italiano al Cairo. Numerosi, però, sono i Paesi dell’Europa che ancora non hanno pubblicamente denunciato quanto accaduto e che tacciono vergognosamente per non danneggiare gli affari con l’Egitto, continuando a stringere rapporti commerciali con la scusa della sicurezza regionale: il più importante di essi è la Francia.
Mentre, infatti, le relazioni diplomatiche tra Italia ed Egitto iniziano a deteriorarsi, oggi il presidente francese François Hollande effettuerà un’intensa e proficua visita di Stato in Egitto: oltre 30 accordi tra cui contratti commerciali e progetti finanziari che aumenteranno la mole di scambi commerciali – oggi pari a circa 2,5 miliardi l’anno – saranno siglati. Di fondamentale importanza saranno i contratti previdenti la fornitura di armi strumentali a rafforzare il dispositivo difensivo del Cairo: jet Rafale, navi Corvette e Mistral. Il sentimento anti-fondamentalista di Al-Sisi e la “rispolverata” laicità delle istituzioni egiziane hanno portato l’esercito del regime in prima fila nella lotta contro l’Isis, tentando di arginare l’espansione di quest’ultimo nel caos della Libia – cui fortemente Parigi ha contribuito. Per godere di libertà di manovra nel Nordafrica, Hollande non può prescindere dall’appoggio del vicino Egitto.
-Insomma, la stabilizzazione del Medio Oriente è prioritario per la Francia – autoqualificatasi garante di tale equilibrio -, aspirante a fare del Cairo un partner politico decisivo nella regione. Il risoluto attivismo diplomatico di Hollande in tutto il Levante dimostra che, sostituendosi ambiziosamente all’influenza USA, egli ambisce a fare del Paese transalpino l’alleato privilegiato dei regimi sunniti – Emirati Arabi, Arabia Saudita ed Egitto per l’appunto. Ma occorre esser chiari. Oltre che esser vergognoso, dal silenzio dell’esecutivo di Parigi sulla vicenda Regeni trova conferma una percezione largamente diffusa: la Francia costituisce a tutti gli effetti un competitor (e non alleato) di Roma nel Mediterraneo Orientale, in costante ricerca di vantaggiosi contratti commerciali per le industrie nazionali ignorando il rispetto e la salvaguardia dei diritti umani in suddetti Paesi. La domanda che per ora possiamo porci è la seguente: il Governo italiano reagirà? Quando potrà esso farsi rispettare dagli “alleati”? Ai posteri l’ardua sentenza.