Convinti che nelle moderne democrazie la libertà fosse necessariamente contrapposta alla sicurezza, molti intellettuali e politici hanno fatto passare il messaggio secondo cui la via per il “progresso” passi attraverso la giustificazione e la comprensione di qualunque atto compiuto contro la nostra identità. Vasti settori dell’opinione pubblica si sono nutriti di questa “cultura della giustificazione”, di matrice illuminista ben più che cristiana. Non a caso nella laica e laicista Francia i “giustificazionisti” hanno trovato il brodo di coltura ideale per le loro idee. Tale componente – sempre pronta al dialogo con il “diverso” – vorrebbe dare una sorta di patente di legittimità agli scempi firmati ISIS; una legittimità che sola potrebbe salvare la democrazia da un nemico che essi considerano ben più pericoloso dell’islamismo: la destra identitaria.
Le richieste pressanti di Marine Le Pen in tema di sicurezza sono state bollate come “populiste”, perché nella pasciuta e pantofolaia Europa, sicurezza fa rima con autoritarismo. I campioni dello “Stato di diritto” fanno dello “Stato forte” il loro nemico peggiore. Eppure viene da chiedersi perché – a maggior ragione se fette importanti di popolazione lo richiedono – lo Stato, che avrebbe i mezzi, giuridici e non, a disposizione per contrastare il terrorismo efficacemente non possa adoperarli. È forse antidemocratico chiedere maggiore sicurezza? È forse antidemocratico chiedere un aumento dei controlli? È forse antidemocratico chiedere che i terroristi ed i loro fiancheggiatori siano trattati secondo i criteri posti da apposite “leggi speciali”? Magari non sarà propriamente “etico” per i figli della società “libera e democratica” – leggi sconquassata e priva di anima – ma andassero a spiegarlo a chi è morto sulla Promenade des Anglais o a chi rischia la vita anche solo andando a mangiare una pizza, con le nostre città trasformate in campi di battaglia.
Uno dei diritti inalienabili della persona è quello alla vita e per proteggerlo le autorità sono chiamate a garantire la sicurezza dei cittadini anche con provvedimenti straordinari e che esulano dalla normale prassi democratica (Stato d’emergenza in Francia o procedure antiterrorismo in Germania). Quelli che chiedono comprensione per i terroristi sono gli stessi che, armati di gessetti colorati, piangono le vittime degli attentati e che ripetono il mantra tanto falso quanto inutile di “stay human”. Con i loro “je suis” a comando ci chiedono di farci massacrare senza reagire perché una dura reazione da parte dello Stato sarebbe non propriamente in linea con la “democrazia”.
Questi perbenisti “radical” da salotto parlano con troppa facilità; essi sono pronti a scatenare una guerra per la legalizzazione della cannabis ma al terrorismo del Califfato sanno offrire “comprensione”. Questo umanitarismo da quattro soldi ha sfiancato le Nazioni europee; questi giustificazionisti sono nemici dell’Europa tanto quanto i “soldati” dell’ISIS, del resto sia gli uni che gli altri sono sradicati dalle loro origini, sono cioè figli del nulla globalizzato ed è quindi facile per i primi comprendere i secondi. I legacci sentimentali con i quali questa frangia rumorosa d’opinione pubblica imbriglia l’azione statale esasperano i cittadini. Questo modo di agire e pensare, questo voler “lasciar correre” ad ogni costo infligge colpi alle istituzioni democratiche molto più delle richieste “autoritarie” dei partiti populisti. La crisi delle democrazie moderne, i cui sogni sono stati cancellati a suon di bombe ed investiti da camion impazziti, non è solo frutto delle azioni – pianificate o meno – dello Stato Islamico, ma anche dei sedicenti difensori delle istituzioni.