In quella che costituirà la settima legislatura dalla caduta dell’Unione Sovietica, i 450 deputati della Duma di Stato – con mandato quinquennale – verrano eletti tramite una singolare legge elettorale: il 50% dei seggi (225), con sistema proporzionale, ripartito fra formazioni partitiche che hanno superato la soglia di sbarramento fissata al 5%; i restanti 225 seggi assegnati ai singoli vincitori dei collegi uninominali sparsi per il paese. Ma nell’election day di domenica, saranno scelti anche i membri delle assemblee legislative ed i rispettivi capi di Cecenia, Komi, Ossetia settentrionale ed i sindaci di numerose città. Contestualizzare è necessario: la peculiare ed assai complicata strutturazione istituzionale della Federazione Russa prevede ottantacinque soggetti federati suddivisi in Oblast (province), Kraj (territori), città federali, circondari autonomi e 22 Repubbliche – ciascuna con una propria costituzione, parlamento e presidente.
Tra i 14 partiti che concorrono per gli scranni parlamentari, i fondamentali sono 5: oltre a Parnas, noto prettamente per il brutale ed ingiustificato assassinio del copresidente Boris Nemtsov, vi è “Yabloko”, partito filo-occidentale di centro sinistra, avente una dozzina di deputati regionali; “LDPR”, Partito liberal-democratico di Russia, una delle quattro formazioni rappresentate nella Duma, avendo ottenuto 56 seggi nel 2011, antiamericano e patriottico (il cui leader Zhirinovskij ha più volte dichiarato di sostenere Marine le Pen ed il Front National); “Russia Giusta”, idee affini alla socialdemocrazia, proponente la statalizzazione del sistema bancario e rappresentante una sinistra alternativa a comunisti e Russia Unita; il “Partito Comunista della Federazione Russa”, considerato il naturale successore del PCUS, con una forte presa sulla popolazione date le contingenze storiche. Ed infine il Partito di Putin e Medvedev, “Russia Unita”: il programma conservatore si focalizza sul mantenimento dell’integrità territoriale, politica e sulla stabilità economica della Russia, ponendosi come forza moderata in contrapposizione ai comunisti ed ai partiti di destra.
I seggi sono aperti anche in Crimea, prima volta dall’annessione del 2014. Il Ministero degli Esteri ucraino, su impulso del Presidente Porošenko, ha polemicamente fatto notare che non riconoscerà la legittimità delle elezioni parlamentari nella Penisola del Mar Nero, data la violazione del diritto internazionale – dichiarazioni immediatamente sottoscritte dal Dipartimento di Stato statunitense. La risposta del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, non si è fatta attendere, dichiarando che Mosca non prenderà posizione in merito alle lamentele di Kiev, perché “La Crimea è territorio russo”. Una problematica, quella della disputa russo-ucraina, che aggiunge ulteriore incertezza circa le già torbide conseguenze delle imminenti elezioni.
Se indubbiamente, l’obiettivo primario del Cremlino è mantenere lo status quo, montante populismo ed astensionismo sono i principali pericoli da scongiurare. Sanzioni unilateralmente imposte da Unione Europea e Stati Uniti, caduta del prezzo del petrolio, episodi di corruzione ed inefficienza sistemica sono alcune fra le cause della grave recessione economica che sta attraversando la Russia; essa, congiuntamente alle denunce delle opposizioni circa la mancanza di trasparenza, potrebbe portare ad un leggero calo dei consensi per il partito di Putin. Difficile che vengano intaccate le dinamiche e gli equilibri all’interno della Duma di Stato; tuttavia, in tale eventualità, non scontata ma da non escludere aprioristicamente, è inevitabile che l’establishment rifletta oculatamente su nuove iniziative strumentali ad assicurare la continuità del potere politico. Nonostante sia importante valutare la partecipazione popolare alla vita politica del paese – e proprio il numero di astenuti consentirà di valutare il reale consenso intorno a Putin – certo è che la politica estera ed il crescente protagonismo internazionale del paese non verranno intaccati. Mosca continuerà ad essere uno dei principali attori internazionali, impegnata ad estendere la propria influenza in Medio Oriente ed in altre aree di crisi globali.