La fine delle sanzioni internazionali – anche se arrivata fuori tempo massimo – ha permesso a Rouhani di vincere le resistenze di quanti a Tehran propendevano per lo scontro frontale con l’Occidente. Questo consente di provare ad intavolare un dialogo con gli Stati ex sanzionisti, in particolare con quelli “moderati” come l’Italia. I tradizionali buoni rapporti tra Roma e Tehran ci offrono un vantaggio rispetto agli alleati-concorrenti francesi e britannici. Se è vero che l’intervento di Obama è stato fondamentale per mettere fine alle sanzioni, è anche giusto ricordare che, per la sua strategia di penetrazione nel Levante mediterraneo, l’Iran guarda con attenzione all’Europa. Il presidente Rouhani ha definito l’Italia come la “porta per l’Europa” e questa affermazione non è una pura frase di circostanza legata al suo viaggio; se la si analizza con attenzione infatti è percepibile un interesse reale a stringere accordi.
In una fase fluida come questa, dove l’Iran si sta ancora inserendo nei meccanismi internazionali dopo anni di quasi-isolamento, fare troppe concessioni a Teheran potrebbe apparire rischioso; però è anche vero che non si potrà restare in una fase interlocutoria troppo a lungo, a rischio di perdere tutti i vantaggi connessi ad un contatto diretto con le alte gerarchie iraniane. La stessa composizione della delegazione iraniana invita ad intraprendere tale strada. La massiccia presenza di imprenditori ed operatori economici rispetto ai politici mostra come anche a Teheran abbiano intenzione di spingere l’acceleratore – ma non troppo – sugli accordi commerciali più che sulla partnership politica in Medio Oriente (al giorno d’oggi più un miraggio che una realtà). La visita sarà a carattere essenzialmente economico-commerciale, lo conferma anche l’evento “clou” del viaggio di Rohani in Italia: il Businness Forum di domani all’Hotel “Parco dei Principi”.
Tuttavia questo non significa che l’Iran non abbia intenzione di stringere un più forte legame con l’Italia nel prossimo futuro. Dare preminenza alla politica in questa visita avrebbe significato fare il passo più lungo della gamba per entrambe le Potenze. Nel caso dell’Iran perché la mancanza di un forte radicamento economico-commerciale in Europa impedisce qualunque accordo di natura politica; nel caso dell’Italia invece perché ci sono meccanismi d’alleanza in Medio Oriente da rispettare. Dunque, messa in secondo piano la politica – se non per questioni di carattere generale sulle quali Roma non potrà influire più di tanto – il negoziato commerciale resta lo strumento migliore per “sondare il terreno” e comprendere quanto margine si abbia per muoversi in direzione di un più solido legame in futuro.
Chi fa pressioni per firmare accordi commerciali di una certa rilevanza sono su tutti ENI e le imprese che si occupano di ammodernamento infrastrutturale. Infatti se c’è un settore su cui puntare per penetrare nel mercato iraniano è proprio quello delle infrastrutture. Il governo di Tehran sta cercando all’estero proprio le imprese specializzate in tale settore; un’opportunità da non farsi sfuggire per l’Italia, da sempre uno dei Paesi leader nel mondo nell’ammodernamento e ricostruzione delle infrastrutture. Il mercato iraniano è potenzialmente vasto, con 80 milioni di persone, la gran parte delle quali giovani ed istruite; un chiaro incentivo ad investire tanto per Roma quanto per Tehran. Lasciarsi sfuggire un’occasione del genere sarebbe da irresponsabili, anche perché da buoni rapporti commerciali nascono buoni rapporti politici. La visita di Rouhani a Roma è uno dei primi passi per “aprire” al mondo la Repubblica Islamica Iraniana; del resto non si spingerà Teheran a modificare politica sui diritti umani facendogli muro ma solo migliorando le proprie relazioni. In questo l’Italia potrebbe giocare un ruolo importante, se non fondamentale.