È emblematico il suo ruolo nell’islamizzazione di quel paese, dopo il tentativo di laicizzazione portato avanti da Mohammad Reza Pahlavi: una guida spirituale, rientrata dopo un esilio durato quindici anni, assume pieni poteri in un paese che stava conoscendo un sano processo di laicizzazione e, invertendo totalmente la rotta, sovrappone la sfera statale con quella religiosa.
I mullah, i dotti e sapienti conoscitori dell’ islam e della sharia, lo considerarono fin da subito un “Marja’ al-taqlid”, un ottimo esempio da tenere in considerazione a tal punto da emularne gesta e i comportamenti. Ed iniziò così, con una lunga scia di sangue e repressione, la storia di uno Stato teocratico, dove le libertà e i diritti che noi consideriamo fondamentali e scontati, lì non lo sono affatto, ed è pressoché certo non lo saranno mai.
In effetti l’ayatollah Khomeyni non aveva tutti i torti nel ritenersi, in quanto guida spirituale, possessore della facoltà di creare leggi ed emettere sentenze. Egli, fra le prime cose, stabilì la pena capitale per i reati di adulterio e bestemmia. Abbassò inoltre a nove anni l’età minima femminile per sposarsi. Non a caso, Maometto stesso consumò il matrimonio con la sua moglie prediletta Aisha, figlia dell’amico e primo Califfo dell’islam Abu Bakr, quando lei aveva nove anni. Un solco tracciato dal Profeta cui è lecito, se non doveroso, attenersi. È evidente che dalle nostre parti staremmo parlando di palese pedofilia. Emise inoltre la fatwa che condannò lo scrittore Salman Rushdie a morte per aver scritto il libro “I versetti Satanici”.
Noi godiamo di continue scoperte scientifiche, e progressi morali, che ci offrono la possibilità di emanciparci dalla religione, se lo vogliamo. Umanesimo ed Illuminismo sono stati certamente due eventi storici, entrambi d’una portata inestimabile e che hanno permesso studi, riflessioni e una rinascita del popolo europeo, creando le condizioni essenziale per il secolarismo. Stiamo parlando, ad esempio, della suddivisione dei tre poteri fondamentali di uno Stato: quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario, rendendo possibile l’indipendenza di un settore dall’altro e l’applicazione di una giustizia giusta. Più genericamente, la creazione di leggi, e la loro successiva applicazione, non può essere demandata ad un’autorità religiosa. La religione deve essere dunque un aspetto privato di ogni cittadino. Niente di più.
Nell’ islam tutto questo è stato impensabile, e lo è tutt’oggi, perché l’affrancamento dai dettami religiosi si tradurrebbe in blasfemia, un peccato previsto da Allah nel Corano. Si tratta di una confessione religiosa estremamente entrante nella vita dei suoi fedeli, accattivante certamente per i suoi contenuti (d’altronde una religione serve per dare un senso alla vita a tempo determinato di tutti noi) ma al contempo totalizzante: una volta dentro, non puoi uscirne, pena la commissione del reato di apostasia. Ne è vietata l’interpretazione a meno che non sia letterale, rimanendo quindi fermi alle frasi lette. Tanto più è negata la possibile d’effettuare l’esegesi, ovvero l’interpretazione critica del testo. Chiunque abbia tentato un approccio di questo genere col Corano, ad esempio proponendo l’eliminazione delle sure medinesi, che sono le più cruente, ha sempre fatto una brutta fine.
Tutto questo non sarebbe un problema se si trattasse di una religione di pace (come amano definirla tutti coloro che non la conoscono veramente, o gli islamici in cattiva fede): avremmo una Madre Teresa dell’islam. È del tutto evidente, e Khomeyni ne è stato un esempio lampante, come l’applicazione esatta della sharia porti terrore e assenza di libertà.
Il fallimento del multiculturalismo proviene dall’incapacità dell’islam di farsi assorbire da società liberali, laiche e dalle radici cristiane, finendo sempre per scontrarvisi, creando le condizioni per una loro sottomissione.
A differenza di ciò che ci dicono le milizie della correttezza politica, il fatto che la maggioranza degli attentati in Europa siano stati perpetrati da islamici di seconda generazione costituisce un aggravante.