– di Alessandro Porcu – «Sarebbe bello, sarebbe un sogno dire che è solo un problema di riforme, di risorse, di scelte del governo, di leggi fatte e di leggi non fatte. C’è anche quello, sí, ma il problema è nostro, prima di tutto, e fino a quando non capiremo che c’è tanto che non va, e che quel tanto riguarda non solo l’esterno, bensí anche l’interno della magistratura, la sua anima e la sua cultura, rimarremo inerti ad assistere a un grave e progressivo deterioramento di credibilità e autorevolezza, due condizioni necessarie per l’accettazione di qualsiasi giudizio. E allora no, francamente non posso tacere». Piero Tony
Piero Tony, 73 anni, già sostituto procuratore generale di Firenze, presidente del tribunale per i minorenni della Toscana e da ultimo procuratore capo di Prato ha deciso di andare in pensione 2 anni prima per raccontare uno dei problemi più grandi presenti nel nostro Paese, la politicizzazione e tutte le piaghe della magistratura.
Nel suo libro “Io non posso tacere”, frase che ripete spesso durante il racconto proprio per rimarcare il fatto che la decisione di lasciare in anticipo la magistratura è maturata grazie a questo sentimento, lui racconta di un sistema malato a causa di leggi che creano confusione negli uffici invece di semplificare la macchina, per colpa di quei “pochi” magistrati che pur di far carriera sono pronti a rovinare la vita del primo povero cittadino che gli capita a tiro, per colpa della lentezza burocratica, quindi di processi lunghissimi, quasi infiniti, che la maggior parte delle volte portano ad un nulla di compiuto.
Piero Tony spiega passo passo attraverso esempi di casi vissuti in prima persona il perché di questo sistema malato, attraverso passaggi storici importanti ci porta all’interno di una realtà tumefatta, da tangentopoli alla persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi, dagli obbiettivi garantisti di Magistratura Democratica ai fatti che poi dimostrano tutt’altro.
L’ex magistrato, dichiarato di sinistra, affronta con giudizi severi il problema legato al matrimonio tra politica e giustizia, dove magistrati possono ottenere incarichi politici per poi tornare a fare il lavoro precedente, dove numerose inchieste giudiziarie sono spinte da un interesse politico volto all’eliminazione dell’avversario, una lotta ad armi impari che coinvolge una grossa fetta della sinistra italiana che ha pensato di utilizzare l’arma dei tribunali per riuscire a sconfiggere Berlusconi e dopo esserci riuscita ha innescato un meccanismo irrefrenabile che si verifica ancora oggi.
Un libro molto interessante, non lunghissimo, però molto chiaro sulle questioni legate alla mala giustizia italiana, un modo,quello di leggerlo,per rendersi conto e indignarsi di tutto ciò prima che questa prenda una brutta piega.