– a cura di Filippo Del Monte – Nel 1909 il re d’Italia Vittorio Emanuele III e lo zar di Russia Nicola II si incontrarono nel castello di Racconigi trasformando una “semplice” visita di cortesia tra sovrani in un tentativo di sovvertire l’ordine internazionale di quegli anni. L’Italia offrì il proprio appoggio alla Russia per una penetrazione nel Mediterraneo per spezzare il duopolio anglo-francese e per costringere questi due Paesi a farle concessioni. Una manovra rischiosa che poteva trasformarsi in un accordo win-win sia per Roma che per San Pietroburgo e che andò in fumo perché gli equilibri internazionali dell’epoca non lo consentirono ingessati com’erano nel sistema delle alleanze.
Oggi come allora l’Italia si trova di nuovo immobilizzata in un sistema di alleanze che le impedisce di esprimere tutte le sue potenzialità geopolitiche. Il cementato rapporto bilaterale con Mosca è stato duramente colpito dalle sanzioni europee dovute alla guerra in Ucraina ma non si è spezzato, c’è ancora margine diplomatico per agire. Nei primi giorni dell’occupazione della Crimea Roma assunse subito una linea conciliante nei confronti dei russi sganciandosi da quel “club degli intransigenti” guidato dalla Gran Bretagna e dalla Francia. In quel periodo il governo italiano trovò il sostegno della Germania, preoccupata che un inasprimento dei rapporti tra UE e Russia potesse condizionare la sua penetrazione economico-commerciale ad est. Il blocco anglo-francese e quello italo-tedesco sembrava potessero fronteggiarsi alla pari ma alla fine Berlino decise di aggregarsi agli “intransigenti” mettendosene addirittura a capo ed isolando l’Italia. Tale ribaltamento di fronte si spiega in quanto il tentativo della diplomazia tedesca di legare alla propria politica i Paesi dell’Europa centro-orientale avrebbe avuto successo solo se Berlino avesse assecondato le pulsioni anti-russe di Polonia e repubbliche baltiche.
Il blocco tedesco-polacco ha imposto alla Mogherini di concentrare gli sforzi della Politica estera e di sicurezza comune contro la Russia piuttosto che contro le minacce provenienti dal Mediterraneo e questo ha drasticamente ridotto il margine di manovra per Roma che non avrebbe in nessun modo potuto condurre una Politica estera “autonoma” da quella di Lady PESC; avrebbe significato sfiduciare non solo il proprio ex ministro degli Esteri ma anche un membro del maggiore partito di governo ammettendo il fallimento della strategia europea di Matteo Renzi. Nel corso degli ultimi mesi mentre il Regno Unito resta inamovibile, la Francia e la Germania hanno fatto delle timide aperture verso il Cremlino vista la loro presenza al tavolo dei negoziati per l’Ucraina. L’Italia è priva di spazio politico in cui muoversi ma questo è dovuto alla nostra poca influenza in sede comunitaria. L’unico modo per aprirsi un varco in questa intricata vicenda sarebbe quella di riproprorre il “paradigma di Racconigi”, tentare quindi un abboccamento con la Russia in barba agli attuali meccanismi d’alleanza. Il nostro Paese avrebbe le carte in regola per tentare una mossa del genere: il suo peso geopolitico e la posizione relativamente filo-russa.
L’obiettivo storico della Russia è la penetrazione nei “mari caldi” e Putin lo sta raggiungendo manu militari ma con enorme fatica mantenendo Assad al potere in Siria ed intavolando trattative con Cipro per la costruzione di una base navale sull’isola in grado di insidiare la presenza britannica nella zona. Una serie di contingenze politico-militari favorevoli hanno spinto il Cremlino a scommettere sulla passività occidentale nel Mediterraneo ed i fatti odierni gli stanno dando ragione; eppure il rischio è comunque alto, sarà difficile per i russi consolidare le posizioni raggiunte nel Mediterraneo orientale senza l’aiuto di un Paese occidentale ben piantato nella regione. Ecco che la Penisola italiana, una lama piantata nel cuore del Mare Nostrum, tornerebbe ad essere guardata con interesse dai circoli diplomatici russi. Inoltre la linea politica moderata portata avanti dai governi italiani sia di centrodestra che di centrosinistra nei confronti della Russia fa del nostro Paese il candidato ideale per essere interlocutore di Mosca in Europa.
La fluidità della situazione attuale potrebbe spingerci a pensare che Mosca sia in grado di portare avanti una politica aggressiva ma i danni delle sanzioni europee cominciano a farsi sentire e l’abbassamento dei prezzi del petrolio ha condizionato pesantemente l’economia russa nonostante il governo non lo dia a vedere. Quando la situazione sul terreno si sarà stabilizzata, Putin avrà bisogno dell’Italia e sarà quello il momento in cui le nostre feluche (da sempre abilissime in questo) potranno sfruttare le divisioni tra le Potenze europee per incunearsi tra i russi e l’asse franco-tedesco. Bisogna prendere atto che non potrà esserci una reale Politica estera comune dell’UE finché il blocco franco-tedesco continuerà ad escludere l’Italia (la Gran Bretagna resta per certi versi estranea ai meccanismi diplomatici continentali). Solo quando le tre Potenze continentali maggiori dell’Unione saranno considerate “ugualmente importanti” si potrà parlare di PESC. Nel frattempo sotto l’ombrello della Politica estera e di sicurezza comune gli Stati nazionali continuano a fare i propri esclusivi interessi e tanto vale imparare a giocare con le stesse regole. Il “paradigma di Racconigi” visto in quest’ottica non sarebbe solo la riproposizione di una formula diplomatica del passato, ma uno strumento valido per scardinare (perché questo si dovrebbe puntare a fare) l’attuale equilibrio politico-gerarchico continentale; sia chiaro, non in funzione anti-europeista ma in funzione realmente europeista.