La programmazione televisiva italiana ha avuto numerose evoluzioni dalla sua nascita (3 gennaio 1954, anche se precedenti esperimenti vennero condotti anche sotto Mussolini), passando in quelle che possiamo considerare epoche o tappe importantissime per il mondo dell’intrattenimento mediatico: dal sorpasso della TV sulla radio al monopolio Rai, dall’apertura alle emittenti private (Mediaset) all’apertura sul satellitare, dal digitale terrestre all’attuale fruizione di show anche nella modalità online (Netflix). In tanti periodi di televisione nostrana abbiamo sempre visto una dominanza italiana nella cura dei palinsesti, anche grazie alla presenza di grandi “maestri del piccolo schermo” alla conduzione e alla direzione di programmi come nel caso di Mike Bongiorno e Corrado. La televisione italiana è stata un grande laboratorio creativo tra il 1950 e l’inizio degli anni ’90, lanciando idee innovative e storiche come “Canzonissima”, “Lascia o raddoppia”, “Domenica In” (che ha visto la conduzione anche di un pilastro come Pippo Baudo), “Fantastico” e lo sportivo “90° Minuto”.
Appuntamenti fissi per i cittadini e le famiglie italiane, che vedevano scandirsi i tempi della giornata grazie alle programmazioni giornaliere: la cena all’ora del telegiornale è il più classico degli esempi, rimasto oltretutto ancora molto di voga. Il fatto che per decenni la televisione abbia visto una predominanza della mano italiana nel nostro Paese (per qualità e professionalità), non vuol dire che la situazione attuale veda lo stesso scenario. L’epoca della globalizzazione ha portato a una maggiore apertura dei mercati e tra questi è rientrato anche quello dello spettacolo e dell’intrattenimento mediatico: nei palinsesti nostrani si è lasciato lo spazio sempre di più a contenitori stranieri (spesso USA) a discapito di quelli italiani. L’importazione di prodotti esteri ha garantito più garanzie agli imprenditori televisivi (Berlusconi in primis), grazie anche ai grandi successi che questi programmi hanno riscosso anche in paesi esteri (americani ed europei). Non è un caso che molti “quiz” siano d’importazione estera, come nel caso de “Il Milionario” (su cui anche Bollywood ha diretto un film) o “Caduta Libera”. Anche le serie hanno sempre una maggiore presa sugli spettatori italiani, come nel caso di “Lost”, “Big Bang Theory” e “The Walking Dead”. Con l’entrata del 2000 abbiamo visto l’ingresso dei reality show nel nostro palinsesto nazionale: va ricordata la prima edizione del “Grande Fratello”, che ha avuto un grande successo in Italia dopo aver fatto faville nel Stati Uniti e in paesi europei come l’Olanda.
Da creatori di televisione siamo diventati importatori di formati, ma perché? Innanzitutto le ferree regole di mercato, che in un periodo di crisi economica non concedono più all’imprenditore di rischiare con investimenti in innovazioni: si cerca quindi il prodotto di sicuro successo e che porti gli sponsor facilmente per i guadagni. Questo attuale sistema mette in appannaggio le idee creative “made in Italy”, che vedono – essendo innovative e originali – un maggiore rischio di fallimento e insuccesso. Lo scetticismo di certi imprenditori dipende anche dal sempre minor numero di gente che “fa televisione”, che è ben diverso dallo status di “stare in televisione”. Personaggi come Paolo Bonolis creano televisione, curando in prima persona la scrittura dei propri programmi televisivi e ricercando la vena artistica che può attrarre il pubblico. Ben diverso è lo “stare in televisione”, che si limita solo a presenziare davanti a una telecamere e recitare qualche battuta scritta dagli autori (la stragrande maggioranza dei personaggi televisivi attuali).
Con il progresso tecnologico, la riqualificazione della televisione italiana dipende dai giovani e la loro creatività. Nonostante molti imprenditori sono scettici sui prodotti nostrani, riempie di gioia vedere sulla Rai un “Commissario Montalbano” con record di audience (la mano di Camilleri si sente) e vedere a quali grandi trionfi può portare il sano e genuino “made in Italy”. Anche con la crisi economica, dobbiamo essere più coscienti delle nostre potenzialità e osare sfidando le regole del mercato: la nostra creatività e la nostra arte non sono seconde a nessuno!