mutuo casa centro-destra.it A cura di Federica Russo – Lo ricorda lo studio del diritto dell’economia che, per giungere a quella Europa Unita, occorreva in passato, occorre ora e occorrerà in futuro un’opera di armonizzazione delle legislazioni: istituti del diritto nazionale sono confluiti nel diritto europeo e, a loro volta, direttive e regolamenti europei vengono recepiti nei vari paesi membri. Questa è la prassi.

Oggi però una novità proveniente da Bruxelles fa, in particolar modo , discutere. La crisi economica che è ancorata sulla testa di molti stati, la tensione tra i cittadini che stentano ad arrivare a fine mese e che non accettano di essere classificati solamente come “consumatori”, ha fatto sì che la direttiva europea 2014/17 relativa ai contratti di credito fosse accompagnata da molte critiche e comprensibili paure.

E’ con essa che l’Ue mira, come riportato nelle 52 pagine del testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 4 febbraio 2014, ad agevolare la creazione di quel mercato interno che va avanti dagli anni ’50. Efficienza, trasparenza e competitività sono termini che ricorrono nella lettura dello stesso e a cui i vertici del Parlamento e del Consiglio Europeo puntano attraverso disposizioni che son da loro definite “uniformi, flessibili, eque”.

Ma quanto ci sia di equo, di giusto nella possibilità di poter venir privati della propria abitazione non è ben chiaro. E qui non si tratta di perdersi in inutili morali come piace fare a tanti abili oratori. La questione è seria.

Ecco che cosa prevede il documento: qualora sia stato posto in essere un contratto di mutuo ipotecario tra una banca e una qualsiasi persona fisica agente al di fuori della propria attività professionale o commerciale, o che comunque sia in grado di non far predominare lo scopo professionale/commerciale sul contesto generale del contratto, il ritardo nel pagamento di 7 rate, anche non consecutive, comporterebbe l’assegnazione del bene immobile residenziale all’istituto di credito che potrebbe così procedere con la vendita. Se però la somma ricavata da quest’ultima non risulti sufficiente a coprire il debito, il soggetto espropriato dell’immobile dovrà provvedere, nei sei messi successivi, a risanare la situazione.

Su questa eventualità si è mobilitata immediatamente l’opinione pubblica ma anche esponenti appartenenti a diverse fazioni politiche. A Roma Fratelli d’Italia ha organizzato il 3 marzo un flash mob contro quella che la leader Giorgia Meloni definisce “l’ennesima infamia del Governo Renzi”. La proposta per il recepimento della direttiva e la conseguente modifica del Testo Unico della Finanza è stata infatti presentata dal Ministro Maria Elena Boschi, così come <<la signora Europa comanda>>. Lo stesso Governo andrebbe inoltre a procedere all’eliminazione dell’articolo 2744 del codice civile relativo al divieto del <<patto commissorio>>, accordo secondo il quale in caso di inadempimento di un debitore, il bene posto a garanzia del contratto diventi proprietà del creditore.

Non sono mancati neppure i commenti da parte dell’ABI, Associazione Bancaria Italiana, che si è espressa tramite la voce del suo Presidente Antonio Patuelli pronto a sottolineare come il rischio in realtà riguardi situazioni future che verrebbero comunque gestite dalla libera contrattazione tra famiglie ed istituti bancari.

Le norme non sarebbero retroattive ribatte il Governo nelle ultime ore che, a quanto pare, sarebbe anche pronto ad apportare delle correzioni al decreto scendendo a “compromessi” con gli animi agguerriti degli italiani : non 7 ma 18 è il numero delle rate non rimborsate che porterebbero all’espropriazione.

La situazione è ancora da definire ma appare alquanto contraddittorio l’appoggio da parte di un Governo che, da buon “paladino della giustizia”, ha sempre fermamente sostenuto che la prima casa fosse intoccabile. Molto probabilmente, con l’avvento del cambio di stagione, a Palazzo Chigi qualcuno starà soffrendo di improvvisi vuoti di memoria.

 Federica Russo