L’intervento armato occidentale in Siria ha riaperto il dibattito sulla crisi siriana in Italia. Mentre il centrosinistra è schierato con gli USA ed i grillini sono privi di una linea ben definita, il centrodestra a trazione Salvini-Meloni sceglie il “non intervento”. Vediamo le posizioni dei vari partiti in campo.
- di Filippo Del Monte – L’intervento dalla dubbia legalità della coalizione occidentale in Siria, i missili statunitensi contro le installazioni militari di Damasco e la ripresa dell’offensiva dell’Esercito Arabo Siriano contro le milizie ribelli hanno riportato al centro delle discussioni politiche italiane le questioni internazionali. Il conflitto siriano – molto più di quello libico in cui pure l’Italia è maggiormente coinvolta – definisce le posizioni politiche ed “ideologiche” dei partiti italiani. A tratti sembra però che la vera partita non si stia giocando sul sostegno ad Assad quanto sulla ricalibratura dei rapporti italiani con la Russia. La stessa presenza a Roma di un governo in carica solo per gli “affari correnti” non contribuisce a rendere meno intricato lo scenario.
La principale critica che il centrodestra ha mosso al governo Gentiloni nelle scorse settimane è stata quella di aver espulso alcuni diplomatici russi a seguito dello scandalo che ha coinvolto i servizi segreti di Mosca a Londra. L’espulsione di diplomatici non è mai una decisione da prendere a cuor leggero o semplicemente per accodarsi agli alleati; anzi, essa assume una valenza ben precisa, cioè quella di una scelta politica strategica, visti anche i rapporti bilaterali molto più stretti che intercorrono tra Roma e Mosca rispetto alle altre Potenze europee.
A seguito dell’attacco chimico (presunto, non bisogna mai dimenticare questo “presunto” quando se ne parla) siriano-governativo contro la città di Douma si è riacceso il confronto sulla politica estera tra centrodestra, centrosinistra e grillini. Gentiloni in conferenza stampa aveva dichiarato che l’utilizzo di armi chimiche avrebbe dovuto essere punito anche con azioni militari ma che l’Italia non avrebbe partecipato attivamente ai raid limitandosi a fornire un non ben definito “supporto logistico” agli alleati della coalizione occidentale in formazione. Così, mentre la Germania – l’altra Potenza europea che non partecipa ai raid in Siria – ha assunto una posizione ben definita chiedendo una “normalizzazione” dei rapporti tra UE e Russia, l’Italia è rimasta pericolosamente nel limbo.
Con un Partito Democratico prono alle direttive di Washington e plaudente nei confronti di Parigi e Londra, anche le “truppe cammellate” dell’intellighenzia progressista nostrana – tra cui i campioni del “politicamente corretto” Roberto Saviano, Luciana Littizzetto e Laura Boldrini – hanno scelto di schierarsi con i “bombaroli” occidentali contro Assad e l’asse russo-iraniano. Nell’arcobaleno di questa sinistra “all’acqua di rose” il colore rosso ha assunto un carattere preminente in questa fase: non si parla però del rosso della rivoluzione proletaria, bensì del rosso colore sacro di Marte, lo stesso indossato dai legionari romani.
Ci troviamo dinanzi ad una sinistra “interventista” – senza termini di paragone con i Fasci d’azione internazionalista del 1915 sia ben chiaro – anticonformista a parole ma serva sciocca degli interessi strategici dei rivali europei dell’Italia. La sostanza antinazionale dei progressisti italiani non cambia, sia che sventolino le bandiere della pace sia che cantino il peana alla guerra imperialista contro la Siria. Lo stesso dicasi per Liberi e Uguali e per alcune frange della sinistra cattolica o radicale nonostante alcuni gruppuscoli minoritari di dissenso schierati su posizioni “marxiste ortodosse” e storicamente pacifiste.
Nel centrodestra esistono due visioni del conflitto siriano che mostrano – purtroppo – una volta in più quanto il vecchio schema della coalizione sia appunto “vecchio” e non più ripetibile in futuro. In linea con la sua tradizione atlantista ed euro-popolare Forza Italia ha scelto di sostenere Washington accettando sia la definizione di “superamento della linea rossa” data dalla diplomazia americana, sia la definizione di “regime” per il governo siriano. Non è ben chiaro come FI possa presentare l’Italia come Potenza mediatrice spingendo il Paese a prendere una chiara posizione in favore della guerra statunitense.
Fratelli d’Italia e Lega stanno invece portando avanti una linea consapevole e matura sulla questione siriana: nessun appoggio italiano venga dato agli alleati occidentali; l’Italia si faccia promotrice di una mediazione; Assad è un interlocutore politico ed un potenziale alleato nella lotta al terrorismo islamico oltre che un garante della stabilità mediterranea. Quello dei nazionalisti di FdI e degli identitari della Lega non è un “pacifismo” tout court ma un “non intervento” frutto di un’analisi chiara e complessa di quelli che sono gli interessi reali dell’Italia nel Mediterraneo orientale e nel Levante.
La campagna per il “non intervento” e per una concezione “italofila” della guerra in Siria la stanno portando avanti proprio Fratelli d’Italia e Lega, con dichiarazioni, convegni, campagne social ed azioni politiche mirate di Gioventù Nazionale (il movimento giovanile di FdI) strappando dopo anni il monopolio culturale della politica estera al progressismo. Il “sacro egoismo” di Antonio Salandra è – fortunatamente – tornato di moda a destra ed è capace di far breccia nei cuori e nelle menti di un’opinione pubblica contraria in maggioranza all’intervento diretto dell’Italia, sostenitrice velata di Bashar al-Assad e vicina alla Russia. Questa saldatura tra la linea politica dei sovranisti FdI-Lega e gli istinti prepolitici e conservatori dell’opinione pubblica ha spaventato gli esperti di relazioni internazionali d’area cattolico-progressista (leggere gli articoli relativi alla crisi siriana su AffarInternazionali per credere) e portato ad uno scollamento forte tra le percezioni dei cittadini e quelle del ceto intellettuale d’impronta radical-progressista.
Il MoVimento 5 Stelle, a causa della sua natura eterogenea, è stato incapace di prendere una posizione univoca, combattuto tra la volontà di apparire come una forza politica “rispettabile” e pronta a governare ed il suo fisiologico movimentismo anti-sistema. La prima opzione vorrebbe un M5S schierato per l’intervento, le naturali pulsioni dell’elettorato grillino invece imporrebbero una stretta neutralità e la vicinanza alle posizioni ultra-pacifiste della sinistra radicale. I costi elevati che una partecipazione diretta dell’Italia alla guerra imporrebbe, il feticcio costituzionale dell’Articolo 11 ed un abbozzo di visione geopolitica anti-occidentale fanno si che i grillini siano propensi al “non intervento” anche se per ragioni diverse da quelle dei sovranisti Meloni e Salvini.
Con il passare dei giorni queste posizioni non si confondono, non vanno scemando, anzi, tendono a consolidarsi – come anche le dichiarazioni dei leader sulla Siria lasciano intendere – facendo pensare ad una possibile fase di transizione della nostra politica estera nel prossimo futuro. Transizione che non si esplicherebbe in una ventata di “isolazionismo” – corrente per altro mai influente nella storia della diplomazia italiana – ma in una più consapevole visione dell’Italia quale Potenza regionale mediterranea. Ed anche sulle questioni internazionali sarà forte lo scontro tra le istanze sovraniste e quelle “glocaliste” che ormai stanno orientando il dibattito politico nazionale, alimentate anche dal caos generale successivo alle elezioni senza vincitori né vinti dello scorso 4 marzo.