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GOVERNARE LA TEMPESTA: LA SFIDA MORALE DELL’EUROPA DOPO IL 22 MARZO

European Union Foreign Policy Chief Federica Mogherini, reacts to the latest news on the Brussels attacks, during a news conference with Jordanian Foreign Minister Nasser Judeh in Amman, Jordan, Tuesday, March 22, 2016. Mogherini, fighting back tears, has stopped short a news conference in Jordan after saying that today is a difficult day, in reference to the Brussels attacks. (ANSA/AP Photo)

-di Carlo Prosperi- Sono ere di tempeste d’acciaio, di sangue e Idee che cozzano, strepitano, urlano.

Sono innervanti, distruggono la separazione – tutta liberale – fra sfera pubblica e sfera privata.

Abbiamo paura di andare a lavoro, una ragazza indossante un hijab sulla metropolitana provoca un irrigidimento dei muscoli, tensione, nervosismo.
Michel Houellebecq la ha chiamata “forza dell’abitudine”, rotta dalla serie di attacchi di Al Qa’ida e Daesh sul suolo europeo.

Una emozionalità soft, un lavoro flessibile, una famiglia liquida.

La fibra morale del last man europeo è fiacca. La sua spina dorsale è debole. La normalità è l’emozione più potente.

Di là, dalla parte opposta della faultline, invece, si staglia un nemico sanguigno, potente, arcaico. Come i conquistatori di Maometto eseguivano raid a bordo di cammelli nella penisola arabica, ora migliaia di foreign fighters imbracciano armi automatiche a bordo di Toyota Hilux fra Raqqa, Mosul e Deir Zood.
Il conflitto fra le sabbie del Syraq è arrivato fino alle nostre porte. I barbari stanno distruggendo la Civiltà (o la Zivilitation spengleriana).

Nuovi Unni, per citare Ferguson, intrisi del sentimento più potente che esista: la Fede. Una Fede da esportare globalmente. L’Islam è un’Idea in espansione che, per dirla con Huntington, sui propri confini gronda sangue.

La distinzione dicotomica, manichea, fra ciò che è buono e ciò che è altro, è qualcosa che non appartiene al pensiero occidentale. Iphilosophes nei caffè parigini ed inglesi chiacchieravano di pace universale. Il conflitto, il polemos, andava evitato nelle sue radici, fino alla nascita di una res publica universale comprendente tutta l’umanità.

La casa dell’Islam, il dar al-Islam, dove si è tutti sottomessi a Dio ed al potere politico costituito, è il luogo dove regna la pace. I credenti nelle religioni del Libro possono scegliere la conversione oppure lo stato di dhimmitudine, pagando dei tributi. Gli altri, i kafirun, sono costretti alla conversione o a conseguenze più tragiche.
La umma, la comunità islamica, deve essere ampliata. Il dar al-harb, la casa della guerra, è il luogo dove alberga l’ignoranza, dei miscredenti, di coloro i quali non vogliono sottomettersi all’entità divina ed al potere politico sovraordinato.
Una religione che nasce “militare”. La storia la trasforma, diviene maggiormente permeabile. Chi la interpreta in modo letterale, però, crede in questo. Una visione escatologica della religione e della fede. Il Mondo dovrà tornare ad essere il paradiso, portando la ruota della storia al contrario.

Quando scrivo la parola credere, ho un singhiozzo. E’ un lessico che non appartiene al nostro immaginario.

Il cristianesimo è una religione civile, adatta per i convenevoli parentali ed amicali, più che ad un senso di unità di destino di popoli e Mondi.

L’Unione Europea, nel 2001, quando gli studenti delle madrasa afghane e pakistane proclamavano il primo Stato Islamico, si definiva potenza civile.
I documenti della Commissione Europea parlavano dell’utilizzo della forza come ultima risorsa a disposizione. L’Europa è un oggetto femmineo, “venusiano”, restio all’utilizzo dello strumento militare.

Dopo l’attacco delle Torri Gemelle, gli Stati Uniti hanno risposto sotto l’egida del Dio Marte sfruttando le alleanze politico-militari per esautorare le centrali di reclutamento ed addestramento di Osama bin Ladin e Ayman al Zawahiri.
Il 22 Marzo, Bruxelles è stata attaccata. Con il fuoco, con le bombe artigianali piene di vetri e chiodi, con l’appoggio di comunità islamiche transnazionali che hanno sottratto sovranità negli spazi pubblici.

L’Europa ha risposto piangendo.

Siamo rifugiati nella comfort zone degli editoriali delle anime belle – Oliver Roy, che ci ha stupidamente spiegato come il terrorismo islamico endogeno e grassroot sia una rivolta generazionale, come il ’68 – invece che alla potenza delle idee e alla forza delle armi.

La volontà politica non fuoriesce oltre i canoni della infosharing delle intelligence europee.

Nicola Abbagnano notava come la ricerca della filosofia politica dopo l’avvento della dottrina ellenistica, humus del cristianesimo, sia rivolta alla tranquillità dello spirito.
Robert Kaplan ha scritto in un provocatorio libello che i warriors contemporanei devono ritrovare un’etica integralmente pagana nella conduzione degli affari esteri: il mondo è troppo caotico e pericoloso per evitare l’utilizzo della forza in modo in-umano, spietato.

Niebuhr, christian realist ante litteram, ha orientato il pensiero a equilibrare la promozione di valori con la valutazione dei rapporti di forza, con la necessità dell’autoconservazione e nei criteri dell’interesse nazionale.

Edmund Burke utilizzava un’efficace metafora per spiegare la sua teoria binaria del realismo: una nave, per navigare, ha bisogno di allineamento fra poppa e prua.
Sulla prua, un ethos pagano, orientato al fine. Solo i forti possono sopravvivere.
Sulla poppa, la caritas cristiana, la tensione ad un fine superiore.

Bad for the greater good.

La sfida per l’Europa è questa: non aspettare che la tempesta passi ma governarla, bilanciando poppa e prua, aggiustando le vele.

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