Quindi non la memoria per ricordare ma i sensi, i nostri 5 sensi, per immaginare ciò che realmente è stato. Lasciamo che le parole lascino il passo alle percezioni per visitare Auschwitz. Il suono delle sirene e il sibilo dei proiettili, seguito dal tonfo di ossa, pelle e cartilagini; l’odore acre del fumo che conduce i bambini a giocare nel vento per poi dissolversi con esso; il bianco candore della neve, condannato a riflettere per sempre l’impotenza divina, che si staglia nel cielo plumbeo; il gusto di sorseggiare brodaglia arricchita dal letame dei ratti e dal vomito dell’uomo; le mani vive di dolore per il filo spinato che squarcia pelle e scava stimmati.
Se Dio esiste, di certo avrà perdonato, come impone il suo codice. Ma io, in quanto esile canna pensante, per dirla alla Pascal, non riesco.
E non chiedetemi più di farlo.