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GERMANIA ALLA RISCOSSA, FORSE

tmp_29190-IMG_20151129_112447-1402203891-di Alessio Marsili- Angela Merkel approdò alla Cancelleria Federale di Germania il 22 novembre 2005. Pragmatismo, disciplina, solidità hanno caratterizzato l’azione di governo della cancelliera, che recentemente ha celebrato il decimo anniversario alla guida del paese. Lo scandalo Volkswagen e lo scontro politico sulla crisi dei profughi, hanno messo in crisi l’intero sistema-paese Germania e dato impulso ad analisi evocanti il declino della donna più potente al mondo; eppure i drammatici fatti di Parigi potrebbero rilanciare la “Frau di ferro”.

Per manifeste contingenze storiche, la Repubblica Federale Tedesca ha costantemente mostrato una, comprensibile, cautela nello sviluppo ed impiego della propria forza militare. Una prudenza che si è tradotta in limitati investimenti nel settore difesa, mantenutisi nel corso dell’ultimo decennio intorno all’1,25% del PIL tedesco, ben al di sotto di quanto auspicato dalla NATO – circa il 2% – e in ogni caso meno di Paesi dalla comparabile rilevanza politico-economica quali Francia e Gran Bretagna. Il Ministro Von der Leyen, inoltre, è la terza persona in 6 anni a prendere la guida del dicastero, dopo Zu Guttemberg dal 2009 al 2011 e Thomas de Maiziere in carica fino al dicembre 2013; instabilità politica che ha ulteriormente minato la già inefficace gestione dei fondi e l’elaborazione strategica della Bundeswehr – Forze Armate della Germania.

Non può essere trascurato un aspetto cardine: la Germania ha sistematicamente ancorato la propria difesa ad un multilateralismo composito: NATO, Nazioni Unite, Europa, cooperazione franco-tedesca. Ma in un contesto geopolitico teso e precario, lo scorso marzo, il governo ha approvato un rilevante aumento della spesa militare per i prossimi quattro anni, pari a circa 8 miliardi di euro – circa il 6% in più rispetto al bilancio dello scorso anno. Che la crisi ucraina e l’irrefrenabile ascesa dello Stato Islamico abbiano contribuito alla rievocazione di una Germania che si pensava scomparsa? La risposta è sì. La prudenza, determinazione e flessibilità della Merkel hanno permesso un adattamento della linea politica del paese alle nuove emergenti esigenze; a condizione, tuttavia, che esse non intacchino le matrici che, sin dalla fine della guerra fredda, caratterizzano la politica di difesa della Germania: architrave multilateralista, il ruolo del parlamento – imprescindibile per il coinvolgimento in operazioni belliche – ed i vincoli alle risorse allocate al Ministero della Difesa. Infatti, nonostante il sostanziale aumento di spesa militare, il paese rimarrà lontana dall’obiettivo NATO del 2% del PIL votato agli investimenti nel comparto difesa. Necessaria, però, una svolta.

“Saremo più forti del terrore, siamo al fianco della Francia e faremo tutto il possibile. Contro l’Isis non si vince con le parole, dobbiamo lavorare per trovare una soluzione permanente”. Si è espressa in questo modo Angela Merkel, nel recente summit con il presidente francese Hollande, aggiungendo che gli attentati “non erano soltanto contro Parigi ma contro un modo occidentale di vita, un modo europeo.” La Germania ha, dunque, deciso di mobilitarsi militarmente in sostegno di Parigi. Primariamente, il governo tedesco ha varato l’invio di circa 650 soldati in Mali, per rilevare le forze dell’Armée de terre francese e consentire loro di votarsi alla lotta contro l’Isis; importante supplemento ai 200 soldati della Bundeswehr che già prestavano servizio nella missione Onu Minusma – Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali – con incarichi di supporto, addestramento ed assistenza. Congiuntamente, i tedeschi invieranno una nave militare – fregata armata di missili antiaerei – di scorta alla portaerei transalpina Charles de Gaulle, ed un numero di oscilla tra i 4 ed i 6 bombardieri Tornado; gli aerei teutonici non sganceranno una sola bomba sulle forze jihadiste – per ora – ed avranno solo competenze di ricognizione, rifornimento ed assistenza (esattamente come i Tornado italiani dispiegati in Kuwait).

Se confermato dal Bundestag, il contributo tedesco, per quanto circoscritto, è comunque di estrema rilevanza. Altri paesi europei, potrebbero di slancio rispondere alle richieste francesi di solidarietà; un intervento che appare strappato dal Presidente francese piuttosto che reso spontaneamente dalla Germania. Un impegno bellico che avrà, sì, un ruolo politico, ma che sul piano militare è solamente simbolico – solo la Russia ha effettivamente offerto piena cooperazione agli “alleati” francesi; se ne deduce una sola conclusione: l’Occidente non ha un piano condiviso, una strategia unitaria per sconfiggere l’Isis. Nel frattempo, una Germania assopita va alla riscossa. Forse.

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