– A cura di Luca Proietti Scorsoni – Chi ha avuto la possibilità di assistere all’evento organizzato congiuntamente da FI Giovani Umbria e dal Sindacato autonomo di polizia è tornato a casa, molto probabilmente, portando con se un misto tra una maggiore cognizione relativa al tema sicurezza e, in virtù di questa, anche con un’inquietudine ancor più profonda. In pratica qui le mezze misure sono state bandite. Ed il tutto, ovviamente, grazie ai qualificati relatori che hanno dato lustro al convegno come, ad esempio, gli On. Catia Polidori ed Elio Vito, il moderatore Eugenio Farinelli – giovane ma già particolarmente smaliziato nell’amalgamare con maestria i molteplici interventi – ed altri ai quali va aggiunta la presenza di Vittorina Sbaraglini, delegata regionale della consulta nazionale per la sicurezza di Forza Italia. Insomma, un incontro ideato e poi realizzato nel migliore dei modi. Ma il protagonista della giornata perugina è stato indubbiamente il segretario nazionale del Sap: Gianni Tonelli. Per meglio comprendere la figura professionale, indissolubilmente legata alla persona umana, è più che sufficiente narrare i suoi ultimi mesi. Tonelli ha affrontato un digiuno durato oltre 60 giorni, anzi mettiamola in termini temporali differenti, per rendere maggiormente l’idea: quasi 1500 ore senza alimentare il proprio corpo. Motivo di tale privazione? La nostra sicurezza. Esatto: nostra, intesa come la mia e la tua che stai leggendo. Nonostante le tensioni sociali, il pericolo fondamentalista, i rigurgiti malavitosi e le varie nefandezze criminali, il comparto sicurezza non gode affatto di ottima salute. E visto che la narrazione imperante, ora si dice così, non contempla la sottolineatura di certe lacune e imperfezioni istituzionali, non resta altro che digiunare per denunciare. Gianni Tonelli è un uomo dotato di una indubbia chiarezza argomentativa anche se, proprio per tale peculiarità, ha impresso nella mente dei presenti una serie di dati e di aneddoti, sciorinati per giunta senza soluzione di continuità, che non fanno presagire nulla di buono nell’immediato futuro per lo stato di salute delle forze dell’ordine.
Qualche delucidazione? La sicurezza dovrebbe articolarsi ed evolversi lungo tre assi fattuali: prevenzione, mezzi e uomini. Già, dovrebbe. Ed invece, per ogni singolo ambito, la penuria di risorse e di strumentazione ha ormai raggiunto livelli assai allarmanti. Basti pensare che si spende di più per le pulizie di Montecitorio che non per la formazione dei nuovi poliziotti. E ancora, i vuoti in organico, assurdi: solo negli ultimi anni abbiamo 18000 unità in meno, 267 uffici di polizia chiusi e il rischio paventato di dover sigillare anche numerosi postazioni di frontiera. Ed infine come non menzionare l’abbigliamento tecnico – caschi, giubbotti antiproiettile, ecc – ormai fuori uso e totalmente inefficace. Potrei continuare a snocciolare il “cahiers de doléances” che il buon Tonelli ha pensato bene di divulgare agli ignari cittadini. Ma non servirebbe ad aggiungere null’altro rispetto alla questione di fondo. E del resto la lezione impartita dal poliziotto coscienzioso è molto semplice nella sua crudezza d’analisi: uno Stato che indebolisce la proprie forze dell’ordine viene meno al primo compito assegnatogli dall’archetipo del contratto sociale: ovvero la difesa e l’incolumità dei suoi cittadini. Chiudo con una postilla intrisa di scoramento. Il governo Renzi fin’ora è entrato a gamba tesa sul comparto sicurezza ipotizzando la numerazione – e quindi l’identificabilità – per gli agenti antisommossa e delineando il reato di tortura la cui applicazione, facile immaginare, sarà il risultato di una interpretazione decisamente flessibile da parte dei magistrati. A favore di chi lo lascio facilmente intuire.