Quello che sta andando in onda a poco più di 24 ore dall’assemblea della Fondazione Alleanza Nazionale non è di certo un bello spettacolo, anche i militanti destrorsi di sicura fede lo ammetterebbero, e di certo non serve al Paese. Soggetto passato un po’ in sordina al grande pubblico, che pure in massa diede fiducia ad An nel passato decennio, la Fondazione è ciò che rimane del partito non solo culturalmente ma anche, qualcuno direbbe soprattutto, economicamente. All’indomani della nascita del “Popolo delle Libertà” tra i quadri dirigenti di Alleanza Nazionale, mai famosi per essere andati d’amore e d’accordo, si decise di far nascere una fondazione nella quale raccogliere la memoria ed il patrimonio economico del partito, una sorta di approdo dal quale la destra potesse rinascere in caso di naufragio del grande partito del centro-destra italiano. Il resto è storia e come sia andata a finire è ben noto; parte cospicua dei colonnelli An preferì Berlusconi a Fini e questo contribuì a frammentare un’area politica che Almirante e compagni, si perdoni l’equivoco, impiegarono quarant’anni a traghettare oltre il post-fascismo. Restava e resta però il comune denominatore della Fondazione An, forte di ben 240 milioni di euro circa di patrimonio (parte immobili, parte in titoli ed interessi) costruito negli anni con le donazioni dei militanti ed i finanziamenti pubblici.
Passati questi due anni di travaglio tra dibattiti ed incontri dalla “destra asfaltata” delle elezioni politiche 2013 (quando nel Pdl si decise di non ricandidare gran parte degli ex-An) quest’universo politico giunge ad una data decisiva non solo per se stesso, ma per l’Italia. Il 3 ed il 4 Ottobre durante l’assemblea si voterà sostanzialmente tra la volontà di ripartire dall’ente per rilanciare un nuovo soggetto politico (la cosiddetta “mozione dei quarantenni”) o in alternativa continuare ad avere un museo della destra italiana. La partita politica oggi è in gioco, si passino le semplificazioni, tra gli ex-An oramai forzisti convinti (capeggiati dal tandem Gasparri-Matteoli) e la dirigenza Fratelli D’Italia in opposizione agli ex-An sparsi nel panorama politico compresi quelli negli strati più esterni di FdI (tra cui gli alemanniani) favorevoli ad un processo di apertura e rifondazione.
Esaurite finalmente le dovute dosi di realpolitik è giusto riflettere su cosa si intenda rifondare di quell’esperienza politica; lo scontro in atto nella Fondazione però non trasmette di certo queste intenzioni. Con il web strapieno di titoli del genere: “In scena la battaglia per il simbolo ed i soldi della Fondazione” oppure “Ecco chi si contende il bottino di An” quale messaggio si pensa arrivi agli italiani? Queste riflessioni non debbono animare i soli simpatizzanti ma gli osservatori tutti, uno spirito obbiettivo ci impone di soffermarci e preoccuparci quando un sentimento diffuso tra gli elettori non viene rappresentato degnamente dal sistema politico.
La connotazione di una destra rinata dovrebbe essere innanzitutto la capacità di unire, e come farlo se non si parte da se stessi? Unire le sue costole per unire quegli strati della società italiana che, piegati dalle difficoltà, vedono vacillare la loro fiducia nel Paese. Per questo non basta un’impostazione “sociale”, perché ad avere bisogno di un nuovo comune sentire è anche il ceto medio, una volta benestante e che oggi vede precipitare il suo tenore di vita. I piccoli e medi imprenditori, i pensionati sotto la soglia di povertà, gli statali che vedono aumentare le imposte a fronte di stipendi al palo da anni, queste sono solo alcune delle categorie che hanno il diritto di veder rappresentato il loro disagio con spessore culturale, con stile, con immagini nelle quali potersi riconoscere. Sono queste le pulsioni che vanno rappresentate adeguatamente, mettendo da parte le dispute da ladri di polli e puntando sullo straordinario capitale umano a disposizione, giovane e voglioso di esserci.
Questi spunti devono ricordare a quanti svolgeranno un ruolo in questa vicenda che hanno tra le mani delle responsabilità ben più cospicue di una partita a scacchi giocata tra soldi o voti; tutto questo non solo in rispetto della storia, ma per amore del futuro.
@AntonioPezzopan
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