-a cura di Simone Paris- In una calda e tranquilla domenica di inizio novembre, in cui l’Italia tutta è concentrata sul biscotto spagnolo rifilato a Valentino Rossi e sul primo Derby della Capitale giocato senza tifosi, il centrodestra italiano è pervaso da un vento di cambiamento e di grandi novità.
Nella rossa Bologna, segnata dagli scontri e dai disordini dei soliti esagitati dei centri sociali, si riuniscono Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni per “la nascita di un fronte anti-Renzi per mandare a casa un governo di non eletti”.
A Roma, nel Teatro Olimpico, ha luogo la convention dei Conservatori e Riformisti, con la presenza del loro leader Raffaele Fitto, che “indica una nuova direzione per ripartire”.
Sia la piazza bolognese che il centro congressi romano sono colmi in ogni ordine di posto e si respira, in entrambi i luoghi, voglia di rivoluzione, di rifondazione del centrodestra.
La scenografia, nella location romana, è dominata da leoni, simbolo del partito “che vuole sfidare tutto e tutti”, che fuoriescono da ogni angolo e presenti sui tantissimi striscioni indicanti il luogo di provenienza delle varie delegazioni, a matrice soprattutto meridionale e laziale.
Dopo la carrellata dei Senatori e dei Deputati che hanno seguito Fitto nella nuova avventura, la scena è interamente dell’europarlamentare pugliese, che non può non guardare alla piazza bolognese e a quel centrodestra che li è tutto riunito, proponendo delle primarie per scegliere il vero leader del centrodestra, sul modello di quelle americane e non di quelle “finte” del PD e lanciando immediatamente loro una sfida, “non è il centrodestra del vaffa di cui abbiamo bisogno. Non bisogna avere paura delle primarie. Facciamole e mettiamo in campo un centrodestra del futuro capace di costruire un’alternativa a questo governo.”
Il bersaglio di entrambe le parti è analogo, ovvero Matteo Renzi e il suo governo, anche se con diverse sfumature, criticando particolamente la scelta del Presidente Berlusconi di scendere in piazza a fianco del leader leghista, “Ha sbagliato. Così consegna a Salvini una leadership in modo frettoloso. Invece va costruito un centrodestra ampio.”
Con questa manifestazione nazionale, Fitto esce dai confini della sua Puglia per lanciare quella che lui definisce “una sfida nazionale“: “Non siamo antagonisti alla piazza di Berlusconi e Salvini. Ma in questo modo loro consegnano l’Italia a Renzi“.
Analizza e snocciola nuovamente i motivi che l’hanno portato ad allontanarsi da Silvio Berlusconi, facendo, inoltre, notare che “la nostra non è una contro manifestazione, ma un modo per dare voce ai milioni di italiani che hanno abbandonato il centrodestra, le elezioni e le istituzioni, a tutti coloro che non partecipano più.”
In questo gioco di continui riferimenti e paragoni con la piazza bolognese, Fitto effettua un ennesimo endorsement a David Cameron e alla sua politica europea, inserendolo nel suo personale Pantheon di riferimento, a fianco di figure del calibro di Papa Giovanni Paolo II, Ronald Reagan e Margaret Thatcher, con un tratto di nostalgia per quell’Occidente che fu. In tal modo Fitto si pone, quindi, come il continuatore della tradizione dei repubblicani americani e della tradizione conservatrice della Lady di Ferro.
Si tratta di una vision eccessivamente ottimistica oppure della riscoperta di uno statista del livello di quelli sopracitati che solo bene potrà fare alla politica italiana? Agli elettori l’ardua sentenza.