– A cura di Nicola Tancredi – Il popolo italiano è da sempre un popolo astratto,incolore e per giunta ipocrita. La storia insegna che tra artisti, poeti e navigatori, la politica nel suo lungo percorso, ha saputo sviluppare un’altra “categoria”, quella dei volta gabbana, quelli che oggi alzano un braccio e il giorno dopo ne alzano un altro. Quelli che sul carro siedono dietro, pronti a scendere se chi guida rallenta un momento la corsa o per assurdo cambia strada. Quelli che issano bandiere, ma poi sono pronti a prenderne altre a seconda del vento che tira. In tutta questa fisionomia italica si sta però delineando in questo scorcio di vita segnata dalla dominazione del pensiero unico e del politicamente corretto, un’altra categoria quelli dei “je suis”. Mi riferisco al drammatico evento di Fermo dove un ragazzo nigeriano è morto per mano di un ragazzo locale. Un uomo che uccide un altro uomo. Punto. Non vi sono altri aggettivi da aggiungere. Ma l’ira funesta del Dio incoerenza ha colpito di nuovo il nostro Paese e a farne le spese non sono stati i soli rappresentanti delle istituzioni ma bensì gente comune, amici e vicini della porta accanto, quelli appunto della categoria “je suis”. Sui social tutti condannano il barbaro evento di cronaca avvenuto a Fermo, non curanti delle varie indiscrezioni dove una versione smentisce l’altra, hanno puntato il dito nei confronti dell’uomo bianco gridando al razzismo e al fascismo. Dal mondo politico e mediatico in aggiunta al grido di dolore si è colta la palla al balzo avanzando richieste di aggravanti in merito al razzismo, ma si è taciuto quando Giorgia Meloni ha avanzato, dopo i fatti di Dacca il reato di integralismo islamico. Renzi e Alfano hanno fatto a gara a chi arrivasse per primo a Fermo, mentre la Boschi si è elevata a regina dell’umanità invitando a “restare umani” . La carta stampata invece ha fatto il suo corso, spulciando la vita dell’aggressore italiano ha riesumato un Daspo che da solo gli è bastato ad acquisire lo “status” di violento, razzista e fascista. Chi invece è rimasto nelle mure domestiche si è lavato la coscienza allineandosi al pensiero unico tappezzando i vari social con altrettanti “je suis Emanuel”. Mi chiedo solo dove fossero quegli stessi rappresentanti delle istituzioni e tutti i paladini del je suis quando a Terni, David Raggi veniva sgozzato senza palese motivo da un cittadino extracomunitario e dov’erano quando Kobobo con un piccone, mieteva vittime nella città di Milano. Mi chiedo ancora dove mai fossero tutti gli italiani che oggi assurgono a filantropi del je suis, nel giorno in cui i tg nazionali davano notizia dei nove connazionali mutilati, torturati e abbandonati ad una morte lenta a Dacca per mano del terrorismo. Se si è giustamente “Emanuel” si è anche David, Christian,Nadia, Simona,Marco e tutte le vittime morte per mano di un’altro uomo. Anche se questo ha un colore diverso dal proprio e professa una fede diversa dalla propria. Viceversa il modus operandi di questi ultimi giorni, per non dire anni, conferma quel vizio atavico che contraddistingue il carattere degli italiani di qualunque estrazione sociale e piano istituzionale, il servilismo e la xenofilia verso lo straniero. I fatti di Fermo restano li ad evidenziare che esiste un problema educativo e culturale che non lo si risolve immettendo nello strato sociale italiano centinaia di persone se non vi è certezza di una vita dignitosa che sappia spegnere l’irrazionale idea di chi arringa e punta il dito verso lo straniero. E non ultimo, Fermo evidenzia ancora una volta che chi si professa opposto allo sciacallo, si ritrova sulla sua stessa direttrice ma con l’intento diverso e opposto, quello di nascondere e strumentalizzare il pensiero unico dell’accoglienza a tutti i costi In conclusione, se si è delinquenti lo si è e basta. L’ignoranza non ha nazionalità o colore della pelle capace di giustificare la condizione in cui si versa. Mi chiedo quindi se al posto di Emanuel ci fosse stato un’altro innocente ci sarebbe stata la pantomima filantropica di chi, in direzione opposta, viene accusato di sciacallaggio? Parole come quelle che accusano gli esponenti della Destra nostrana di essere i mandanti morali le pongo sullo stesso piano di chi sfrutta un’evento per un proprio tornaconto. Parole e gesti inutili quindi, che non rispettano le vittime ma aumentano solo l’odio e l’intolleranza in questa assurda guerra tra poveri.