Pertanto, se è vero che il nostro ordinamento si basa sul principio di uguaglianza e della non discriminazione, è anche vero che tale principio -uguaglianza- non può essere inteso come uguale trattamento di tutti sempre e comunque, perché è legittimo e doveroso trattare in modo diverso situazioni diverse. Ne consegue, senza entrare nel merito del giusnaturalismo e giusrazionalismo, che paragonare e mettere sullo stesso piano egualitario due istituti ontologicamente diversi, si continua a commette l’errore di dissacrare, in funzione del desiderio, il senso stesso del diritto, il quale non si modifica ma rispecchia e disciplina – nel caso del matrimonio- l’ordine naturale delle cose. Se i padri costituenti hanno legittimato il matrimonio eterosessuale come fondamento della famiglia legittima per costituzione, finalità e potenzialità, -l’unica a garantire la continuità delle generazioni- non lo hanno fatto per una semplice costrizione normativa, ma, viceversa, perché il paradigma eterosessuale altro non è che il prodotto della natura e lo Stato non può, per adeguarsi ai parametri globali forzosamente imposti, ledere l’essenza del matrimonio disciplinandolo sullo stesso piano delle unioni civili e chi si professa a favore del matrimonio egualitario mente, sapendo di mentire. Una cosa è disciplinare i diritti, altro è paragonare uguali due istituti differenti, altrimenti un giorno, il diritto darebbe accesso al matrimonio egualitario anche ai bigami e poligami, solo perché è la società e le sue dinamiche a chiederlo. In secondo luogo, se ci muoviamo in maniera opposta dal principio secondo il quale la genitorialità è per funzione biologica legata al succitato paradigma eterosessuale, continuiamo a muoverci negli ambiti del desiderio e della volontà. Il risultato è che il diritto, ancora una volta, si piega alla volontà ideologica e simbolista a tinte arcobaleno della step child adoption, che estendendo la responsabilità genitoriale sul figlio del partner funge da “cavallo di Troia” per aprire la strada alla pratica dell’utero in affitto. Cestinando il ruolo cardine della donna nella società e nella famiglia, la “gestazione per altri” la trasforma in oggetto; un’incubatrice per produrre bambini da rendere poi al legittimo proprietario, perdendone ogni diritto. Sulla spinta del pensiero unico -altro effetto collaterale di cui sopra- dove qualsiasi cosa che esula dalla dottrina gay è pura omofobia, il desiderio trasforma il diritto e con esso la donna diventa oggetto e il bambino un pacchetto regalo.Una lotta ideologia prima e un prodotto artificiale dopo. Per tanto, e concludo, invocare diritti che seppur non in maniera organica e unitaria la giurisprudenza già prevede, al mero scopo di nascondere, tra le righe di un progetto di legge iniquo di chiara visione “adultocentrica”, lo spettro della mercificazione dei bambini e lo sfruttamento delle donne, è di per se una cosa sulla quale non si può transigere. -Boldrini dove sei?