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FAMILY DAY: ECCO LA STORIA DI UMBERTO, OMOSESSUALE DI DESTRA CONTRARIO ALLA LEGGE CIRINNA’.

family day centro-destra.itIn questi mesi il nostro lavoro ci ha permesso di raccontare le diverse sfumature di questa società. Questo è possibile grazie ai vostri articoli che ogni giorno da ogni lato del Paese raccontano esperienze di vita differenti. Dopo aver dato voce al portavoce del Family Day è importante pubblicare oggi la lettera di Umberto, ricevuta due notti fa. Umberto è un ragazzo gay di destra che vuole esprimere la sua contrarietà alla legge Cirinnà e ci racconta meglio come vede la realtà delle associazioni glbt e come queste provino una forma di intolleranza nei suoi confronti. La sua lettera ci pone un nuovo spunto di riflessione:

Ritengo doveroso ormai per me spendere due parole per rompere il silenzio o meglio il muro del pensiero unico che attornia il tema dell’omosessualità e dei diritti civili. Io sono Umberto, ho 26 anni, sono di Roma e sono omosessuale. Non sono né orgoglioso né mi vergogno di essere ciò che sono. Sicuramente la sessualità è importante, ma è solo una parte dell’essere e le etichette non sono mai state identificative per nessuno. Non amo i narcisismi, le sfilate e i cliché. D’altronde, l’ostentazione è l’altra faccia della vergogna. Ho seguito un po’ il dibattito sulla questione delle unioni civili in Italia. Se effettivamente fosse una legge per dare più diritti a qualcuno potrei essere d’accordo, ma qualora aprisse la strada alle adozioni e all’utero in affitto i diritti li toglierebbe a quel qualcuno che è il più debole, cioè bambino: il diritto ad avere, come tutti, un padre e una madre. Al di là di riconoscimenti, visite in ospedale o questioni ereditarie, il problema vero in ballo è proprio la filiazione e il concetto di famiglia. La battaglia è puramente ideologica e culturale. A me sinceramente sembra una grande cattiveria privare un bambino del diritto di avere un padre maschio e una madre femmina perché tutti noi, nel bene o nel male, li abbiamo avuti. La cosa più divertente a questo punto sono le reazioni di alcuni. Le solidissime obiezioni sarebbero qualcosa come: “Beh ma allora i bambini che vivono con un solo genitore?”, “E le famiglie in cui i genitori divorziano o dove c’è violenza?”. Chiedere una legittimazione in virtù dei casi-limite e prendendo come modello situazioni anomale o di disgrazia, oltre che di cattivo gusto, è retorica di basso livello. Eppure sono concetti impugnati da gente che siede nei Parlamenti… Questa temperie culturale si nutre di slogan facili come “famiglia è dove c’è amore”, “legalizzare l’amore” etc. quando ovviamente la Costituzione non tutela sentimenti, ma la cellula base della società. Alcuni luminari direbbero che sono contraddittorio e che dicendo queste cose vado contro i miei interessi. Io la chiamo onestà intellettuale. Sono gli stessi luminari che credono che se sei omosessuale devi essere per forza di sinistra, ateo e odiare la Chiesa. Di questi stereotipi datati non se ne può più. Apro e chiudo parentesi, non sono mai stato discriminato da nessuno per il mio orientamento sessuale, ma mi è capitato di essere discriminato dai gay per il mio orientamento politico. Ma possono stare tranquilli, io non inventerò una nuova parola che termini con -fobia per censurare il pensiero altrui. Poi si sente dire anche che quasi tutti i paesi europei hanno già provveduto a legiferare in materia e mancherebbe solo l’Italia che resiste a questa moda. E allora? In merito a questo mi viene in mente un aneddoto di Charles de Gaulle. Quando un suo segretario gli fece notare quanto piccola fosse la Francia per contare qualcosa rispetto al resto del mondo de Gaulle rispose: “Guardi, l’Australia: 2 milioni di abitanti, 200 milioni di conigli, eppure non sono i conigli a comandare”. Allo stesso modo, l’Italia ha una storia, una tradizione, un patrimonio culturale da cui può attingere e che può difendere a testa alta senza complessi di inferiorità o bisogno di emulare nessuno. C’è chi rivendica più uguaglianza e parla di piena equiparazione, ma bisogna riconoscere che trattare situazioni diverse in modo uguale è ingiusto. Io non capisco perché da un lato si insista sul concetto di diversità e rispetto del diverso, dall’altro si rivendichi uguaglianza, equiparazione, uguali diritti (alcuni non esitano a parlare addirittura di “diritti fondamentali”). Allora siamo diversi o siamo uguali? Decidetevi. Credo che questo bombardamento mediatico sull’uguaglianza non faccia altro che appiattire e sminuire le differenze. Non è questo il modo per valorizzare la diversità. E poi diciamocelo chiaramente, in una coppia omosessuale può nascere amore, sentimenti, arte e tutto quello che ti pare, ma non figli. E questa non è discriminazione, ma è la realtà delle cose. La società ormai dà per scontata l’accettazione di sé e del proprio orientamento sessuale, giusto? E allora bisogna dire anche questo: Sei omosessuale? Accettati! E accetta che dalla tua unione non nascono figli! Non accetta veramente sé stesso così com’è chi pretende di valicare gli invalicabili limiti stabiliti dalla legge della vita. Leopardi definiva la natura una matrigna, ma cattiva o meno, non è cambiata con le sue poesie. Trovo anche che la forzatura del gender nelle scuole sia un’operazione ideologica subdola e di dubbia serietà che mina la libertà educativa dei genitori. Sarò all’antica, ma a me non sembra il caso di somministrare favolette con famiglie di pinguini gay a ragazzini delle elementari. Peraltro, il fatto che qualche politico abbia definito “inaccettabile” una pacifica manifestazione di un milione di persone a S. Giovanni per riaffermare i valori della famiglia naturale, denota una percezione della democrazia piuttosto singolare nonché l’infantilismo di soggetti che esigono tolleranza solo nei loro confronti. Poi per quanto riguarda il rispetto dell’altro in generale, il bullismo è un fenomeno reale che va combattuto. Ma va condannato in tutti i casi. Che l’insulto sia “frocio”, “grassone”, “mongoloide” o altro, ha la stessa gravità. E sfaterò l’ennesimo mito: non credo nell’emergenza omofobia. Innanzitutto direi che questo termine è astruso perché parla di fobia (dal greco φόβος = paura) e non mi risulta ci sia una grande paura degli omosessuali in giro, c’è già l’ISIS. Credo anche sia un termine volutamente fuorviante e creato a tavolino per bollare come “discriminatorio” e quindi gettare discredito su chiunque abbia un pensiero che si discosti dalla totalità delle rivendicazioni LGBT. Se omofobi sono pure Dolce e Gabbana si capisce a che livelli siamo arrivati. Tra l’altro, non un fascistoide, ma un attivista di un’associazione gay un giorno mi confessò che molti episodi di cronaca di omofobia vengono ingigantiti o addirittura inventati per fare pressione sulle istituzioni. A voi i commenti. Detto questo, la violenza è inaccettabile sempre, a prescindere dalla categoria di persone, ma ricerche recenti classificano l’Italia come l’ottavo paese al mondo più tollerante nei confronti dell’omosessualità. Certo, mi piacerebbe che coloro che si stracciano le vesti per i diritti delle coppie gay in Italia avessero la stessa audacia per condannare quei paesi barbari dove gli omosessuali vengono messi a morte su sentenza della sharia e non del Vaticano. Quello che è insopportabile è questa sorta di totalitarismo culturale detenuto da una minoranza nella minoranza che ci strumentalizza e non rappresenta il popolo o il sentire comune, ma ha la fortuna di avere i mezzi per poter gridare molto forte, anche perché alla fine “lo dice l’Europa”. Ebbene, è ora di dire che non tutti gli omosessuali si sentono rappresentati dai gruppuscoli dell’attivismo gay e dalle ideologie partorite da questa Europa che rifiuta il pensiero di matrice aristotelico-tomista di cui è figlia e che è inammissibile il linciaggio mediatico e morale di chi voglia difendere i propri principi sani, ormai politicamente scorretti. Non ci sono omosessuali di seria A e omosessuali di serie B e non sei più gay o più coerente se vuoi imporre la famigliola rainbow. È possibile vivere la propria condizione e la propria affettività serenamente senza cercare di emulare modelli socio-culturali che proprio a livello ontologico e intrinseco non appartengono all’omosessualità. Altrimenti si ritorna sempre alla non accettazione di sé, della propria realtà, della propria specificità e tutto ciò ricorda un po’ il vecchio femminismo che, per quanto giuste e condivisibili potessero essere le sue rivendicazioni, non ha fatto altro che invidiare ed introiettare il paradigma maschile, svilendo quindi la propria essenza. Il mio appello a tutti, omosessuali e non, è ad avere il coraggio di andare controcorrente e ribadire queste semplici verità immutabili perché coloro che si arrogano i diritti che sono propri della famiglia naturale sanno solo accusare banalmente chi non la pensa come loro di essere “retrogrado”, “oscurantista”, “medievale”, ma in fondo hanno spesso argomentazioni inconsistenti, per non dire ridicole. Ebbene io sono Umberto, ho 26 anni, sono di Roma, fino a prova contraria omosessuale, ritengo che nel 2016 ognuno debba amare chi vuole e convivere con chi desidera che siano uomini, donne, cani, gatti o cincillà, ma dico anche che la famiglia è una ed è il migliore se non l’unico modello familiare autentico possibile ieri, oggi e tra cent’anni. Umberto

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