Lunedì 2 maggio è stato annunciato con una conferenza stampa al MIBACT, alla presenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, lo stanziamento di un miliardo di euro per finanziamenti straordinari per il patrimonio culturale approvati dal Cipe. Si tratta di fondi per 33 interventi straordinari in musei e luoghi sparsi sull’intero territorio nazionale e una tantum dell’intera cifra (circa 170 milioni) è destinata al completamento di interventi di interesse nazionale sul patrimonio culturale e di promozione e valorizzazione turistica, da definire successivamente con un apposito DPCM.
Questo stanziamento straordinario va sicuramente in una giusta direzione, ovvero quello di investire pesantemente su un settore, come quello della cultura, in cui da anni si assisteva solamente a tagli lineari e senza alcuna discriminante.
Si potrebbe lungamente discutere sui progetti per cui è avvenuto questo stanziamento, alcuni sono sacrosanti (40 milioni per Pompei, 70 milioni per il carcere di Ventotene, 40 milioni per le Gallerie degli Uffizi di Firenze, 70 milioni per il recupero dei beni culturali danneggiati dal sisma dell’Emilia), altri insufficienti (come i 30 milioni per il centro storico dell’Aquila), ma in questo articolo vorrei maggiormente analizzare una questione assai più spinosa,
Il 6 il 7 maggio scendono in piazza storici dell’arte, archeologi, associazioni e operatori dei beni culturali. Saranno a Roma con lo slogan “Emergenza cultura: difendiamo l’art. 9” per criticare le “scelte di Matteo Renzi e Dario Franceschini. Per dire di no allo Sblocca Italia che ha regalato il territorio della Repubblica alle trivelle e al cemento. Per dire di no alla distruzione sistematica della tutela attraverso il silenzio assenso delle soprintendenze e attraverso la contrazione e la confluenza di queste ultime in uffici diretti dalle prefetture, e cioè dal governo stesso. Per dire di no alle una tantum delle assunzioni, provvedimenti propagandistici che impediscono ai nostri giovani di immaginare una vita di lavoro in Italia. Per dire di no alla rimozione della storia dell’arte dalle scuole”.
L’appuntamento per la manifestazione pubblica è per sabato 7 maggio alle ore 11 a piazza della Repubblica, preceduta venerdì 6 alle 15 da un dibattito al Centro Congressi Cavour sul “gravissimo pericolo” che minaccia “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”.
L’articolo 9 della costituzione italiana recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; il problema principale è posto proprio sulla tutela.
Franceschini, nei suoi tweet, a cui è stato sicuramente abituato dal Presidente del Consiglio, parla solamente di restauri, di nuove aperture, di valorizzazione, ma non cita mai il termine tutela; ovvero la parola chiave dell’articolo 9 della Costituzione.
Questa parola fu scelta con estrema cura dai Padri Costituenti che la preferirono a “protezione”, perché quest’ultima ha in sé qualcosa di inevitabilmente episodico e puntale, mentre la “tutela” non è emergenziale, ma un approccio sistematico e preventivo, che ha l’obiettivo di rendere sicuro il patrimonio e di consegnarlo inalterato alle generazioni future.
Come è abitudine ormai consolidata, si preferisce organizzare un’inaugurazione in pompa magna che porta grande visibilità, piuttosto che una mera opera di tutela assai meno propagandabile.