– di Alessio Marsili – Conseguentemente alle europee e municipali del 2014, e le dipartimentali nel 2015, domenica 6 e domenica 13 dicembre l’elettorato francese si recherà alle urne per i due turni delle elezioni regionali; trascorse tre settimane dai tragici eventi terroristici di Parigi, nelle ultime elezioni del quinquennio della presidenza Hollande – prima delle presidenziali del 2017 – la destra francese e nello specifico l’estrema destra rappresentata dal Front National, gioverà dell’ “effetto attentati”? I sondaggi dicono di sì.
L’ordinamento costituzionale della V Repubblica francese, disciplinato dalla Constitution introdotta dal Generale de Gaulle nel 1958, configurante una forma di governo assolutamente peculiare – quella del semipresidenzialismo -, attribuisce esclusivamente allo Stato il carattere di organizzazione giuridica e politica sovrana; il titolo XII della suddetta Carta, infatti, riconosce le regioni quali “collettività territoriali della Repubblica” (art. 72), ma nessun processo decisionale realmente autonomo è concesso a soggetti diversi dallo Stato, il quale non tollera modalità pluralistiche di articolazione territoriale del potere. Le Regioni francesi, infatti, non dispongono di autonomia legislativa, né possono emettere statuti e regolamenti; esse sono incaricate, esclusivamente, dell’esecuzione di quanto approvato dal Governo centrale.
In conformità con quanto disposto dall’ “Atto III della decentralizzazione”, un insieme di riforme degli enti statali subordinati approvate nel marzo 2015, precedentemente avviate dall’ ex presidente Nicolas Sarkozy, a partire dal primo gennaio 2016 la Francia metropolitana sarà organizzata in 13 grandi regioni, invece delle antecedenti 22. Solo 5 regioni, fra cui l’Ile-de-France, hanno mantenuto la medesima estensione; altre, invece, ancora senza nome, costituiscono l’accorpamento di collettività contigue. Il sistema di voto è un proporzionale di lista a due turni, con premio di maggioranza: se nessuna lista raggiunge al primo scrutinio il 50% dei suffragi, accedono al secondo turno le liste che hanno raccolto una percentuale minima del 10%; al voto decisivo, la lista che arriva in testa ottiene il premio di maggioranza del 25%, il restante ripartito fra le liste che hanno raggiunto almeno il 5% – il premio permette alla lista uscita vittoriosa di aggiudicarsi una maggioranza al Conseil Régional di, circa, il 33%.
Verrano eletti 1671 consiglieri regionali, più i 51 membri dell’Assemblea della Corsica, per una legislatura che dura 6 anni. Inevitabile che in un momento così delicato, al centro della campagna elettorale, ci sia stata la sicurezza: questione che, comunque, non rientra nelle competenze dei consigli regionali. Spese per infrastrutture, educazione, università e ricerca, trasporti pubblici, supporto alle imprese, competenze sulle politiche di formazione ed impiego; le responsabilità attribuite alle nuove Regioni, in conformità con il principio della “libera amministrazione”, restano tante. Essere presidente di una collettività molto sviluppata, com’è il caso della PACA (Provence, Alpes et Cote d’Azur), viene ritenuta, dunque, una posizione di elevato rilievo. Ed è in particolar modo nel sud della Francia che il Front National, stando ai sondaggio, spopola.
Candidata alla presidenza del Consiglio Regionale in Provenza è Marion Maréchal-le Pen – nipote di Marine -, nuova figura preponderante e volto pulito dell’estrema destra francese: 26 anni, un figlio e già deputata all’Assemblée Nationale, giovane, bella, nazionalista. Secondo istituti sondaggistici, il vantaggio della le Pen nipote sul candidato del centro-destra Estrosi – attuale sindaco di Nizza – sarebbe di oltre l’11%. Tuttavia il Front National è ovunque in forte ascesa, con il vento in poppa, pronto a confrontarsi con questo real test politico a livello nazionale: il partito di Marine le Pen, eccezion fatta per l’amministrazione comunale di città demograficamente circoscritte, non ha mai governato. In 6 delle 13 Regioni francesi metropolitane, l’FN è dato in vantaggio, numeri inaspettati soprattutto nella Borgogna e in una regione tradizionalmente avversa all’estrema destra: la Bretagna. La candidatura di Marine le Pen è altro discorso: ex regione mineraria ed industriale, in forte crisi economica, Nord-Pas-de-Calais/Picardia è terreno di conquiste del Front National. Qui, FN a più 18 punti percentuali. Anche Florian Philippot, vice presidente del partito, consigliere politico più ascoltato dalla le Pen, e Louis Aliot, compagno nella vita di Marine le Pen, scendono in campo: candidati rispettivamente alle regioni del Grande Est (Alsazia, Lorena e Ardenne) e Languedoc-Rouissillon/Midi-Pyrénées.
Numerosi sono i dubbi circa le effettive capacità del Front National di saper governare, e confrontarsi con realtà territoriali complesse e sfaccettate. Mediaticamente nell’occhio del ciclone e sotto attacco da parte della Confindustria francese – il cui presidente, Pierre Gattaz, ha esplicitamente bollato quale “non responsabile ed ambiguo” il programma economico proposto dal partito -, l’immagine della “paladina anti-sistema” e “vittima di cattivi giornalisti” di Marine le Pen può esserne rafforzata dal quotidiano assedio a 360%. Una tecnica giornalistica per noi italiani, ahimè, ormai consuetudinaria. Per i candidati del Front National resta comunque, l’incognita del secondo turno: solo Marine è data vincente anche nell’eventualità (per nulla scontata) di accordo fra destra e sinistra moderata – così non è, invece, per Marion Maréchal-le Pen. Ipotetiche intese di questo genere sono state smentite tanto dai Repubblicani, quanto dal Partito Socialista; eppure l’avanzata dell’estrema destra potrebbero favorire un ripensamento. Sarà finalmente vittoria Front National? Ai posteri l’ardua sentenza.