– a cura di Simone Paris – Domenica 8 novembre 2015 si giocherà allo stadio Olimpico di Roma il derby della Capitale tra Lazio e Roma; una partita celebre in tutto il mondo per lo spettacolo e per l’ardore presente all’interno del rettangolo verde, ma soprattutto per le magnifiche coreografie che si realizzate sugli spalti.
Però nel prossimo derby lo spettacolo e i colori della Curva Nord e della Curva Sud saranno assenti, a causa della decisione dei principali gruppi ultras delle due squadre di non entrare allo stadio, in aperta polemica con le pesanti restrizioni imposte loro dalle istituzioni calcistiche e politiche.
Al posto delle grandiose coreografie in cui dominano da una parte i colori biancocelesti e dall’altra i colori giallorossi, questa volta avrà la meglio il colore blu dei tantissimi seggiolini che rimarranno vuoti.
Uno stadio vuoto rappresenta una sconfitta per tutti. Uno stadio vuoto non è solo un gesto di protesta, ma il più grande atto d’amore che un tifoso possa fare.
La politica di repressione italiana contro la violenza negli stadi, per creare un luogo “di svago e divertimento, a misura di famiglia, gremito in ogni ordine di posti” ha sortito l’effetto opposto: gli stadi italiani sono sempre più vuoti e desolati e le famiglie sono completamente assenti.
Si tratta di una guerra senza senso, che va contro quel modello inglese di cui tanto ci si è riempiti la bocca e da cui oggi si è distante anni luce.
Uno dei primi provvedimenti del governo Thatcher per sedare i famosi hooligans inglesi, veri e propri delinquenti temuti in ogni angolo d’Europa, soprattutto dopo la strage di Hillsborough del 1989 (in cui persero la vita 96 tifosi del Liverpool schiacciati contro le barriere di recinzione), fu quello di abolire ogni tipo di barriera all’interno degli stadi. Ciò portò alla risoluzione definitiva del problema della violenza ultras sia fuori che dentro gli stadi, tramite una pesante responsabilizzazione dei tifosi stessi.
In Italia, pur riferendosi a quel tanto decantato modello inglese, si è preferito percorrere la strada contraria, ovvero quella della repressione, ottenendo per di più risultati veramente pessimi.
Il tutto inizia con il decreto Pisanu contro l’antiterrorismo, approvato ad ampia maggioranza da Parlamento nel luglio 2005, in cui vengono inserite delle norme riguardanti specificamente il settore degli impianti sportivi, nella volontà generale di garantire in ogni ambito una migliore sicurezza all’interno del Paese per evitare attentati terroristici. Queste norme prevedono principalmente l’accesso agli stadi solo dietro la presentazione di un biglietto nominativo per poter essere identificati in maniera univoca in caso di incidenti sia all’interno che all’esterno degli impianti sportivi. Altre disposizioni sono state l’introduzione dei tornelli ai varchi di accesso, nonché l’inserimento di numerosi stewards per garantire un miglior controllo dei tifosi e conseguentemente una migliore sicurezza.
Un punto di non ritorno si ebbe nel febbraio 2007. Filippo Raciti, Ispettore Capo della Polizia di Stato,morì in servizio durante gli scontri scatenati al termine del derby siciliano Catania – Palermo.
Dopo questo episodio, inizia una vera e propria politica di repressione verso la violenza degli stadi proseguita con i vari ministri dell’Interno che si sono succeduti nell’incarico (Amato, Maroni, Cancellieri, Alfano).
La norma più restrittiva e criticata è stata sicuramente l’introduzione della cosiddetta Tessera del Tifoso, per il cui rilascio è obbligatorio la fornitura da parte del richiedente delle proprie impronte digitali, con la principale critica da parte delle tifoserie di essere schedati come criminali, anche senza aver commesso alcun reato.
Per prevenire gli incidenti spesso e volentieri vengono vietate trasferte alle tifoserie, basandosi sull’ipotesi della possibilità di eventuali scontri a causa di rivalità storiche tra tifoserie avversarie, oppure si disputano partire con interi settori con accessi completamente interdetti o limitati. In caso di incidenti, si usa lo strumento del DASPO, ovvero Divieto di Accedere alle manifestazione SPOrtive, per impedire al soggetto ritenuto pericoloso di accedere ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive. Il DASPO viene emesso dal questore e la sua durata varia da uno a cinque anni.
Questi provvedimenti, utilizzati in maniera costante e con eccessivo spirito preventivo, hanno trasformato impianti obsoleti o non adatti per far vivere in maniera funzionale l’evento in dei veri e proprio lager: tornelli, perquisizioni ripetute ad ogni varco (arrivando a far togliere le scarpe anche quando piove e all’aperto, utilizzando dei sacchi della spazzatura come tappetini su cui poggiare i piedi), una serie infinita di barriere esterne ed altre alzate all’interno.
Gli stadi si stanno svuotando in maniera inesorabile da anni e tutti fanno finta di nulla; anzi, si svuotano gli stadi e ci si vanta di aver ridotto il numero degli incidenti. Un po’ come vietare la circolazione delle macchine e poi vantarsi di aver ridotto il numero degli incidenti stradali e quindi dei morti e dei feriti. La cosa paradossale, è che a svuotarsi, però, fino ad oggi non sono stati i settori popolari, quelli dove stanno da sempre i pericolosissimi Ultras che si vogliono combattere o addomesticare; ma si sono svuotate soprattutto le tribune, quelle in cui si sistemano da sempre i moderati, le persone di una certa età oppure le famiglie, quelli che vanno allo stadio solo per vedere la partita e non certo per fare disordini.
Nonostante tutti questi provvedimenti assai limitanti e repressivi, l’unico effetto ottenuto è stato quello di far svuotare completamente gli stadi.
La prossima mossa potrebbe essere quella di imitare il presidente della Triestina che qualche anno fa mise degli striscioni con disegnati i tifosi, in modo da dare l’illusione ottica dello stadio pieno. Oppure, in maniera goliardica, si potrebbero usare dei manichini, delle sagome, magari mandando dei cori registrati in modo da dare l’illusione dello stadio pieno e festoso a chi guarda in tv la partita.