Nel Lazio si sta pagando lo scotto di un servizio medico non più idoneo ed esaustivo verso i cittadini dei vari quartieri o comuni. I sempre più abbondanti tagli alla sanità pubblica da parte dello Stato, hanno reso le prestazioni sanitarie inferiori alle domande dei cittadini (residenti e non): con un ridotto numero di operatori all’attivo, è impossibile coprire le urgenze o le istanze dei vari malati che fanno affidamento alle strutture mediche della regione. Ecco allora spiegate le lunghe file – interminabili e inumane – che vediamo dentro i vari centri sanitari pubblici, dove pochi medici (con staff annesso) sono costretti a offrire un servizio a un numero sproporzionato di pazienti (come dimostra la realtà romana). Mancano i cambi e ricambi al corpo sanitario, fondamentali per offrire un’attività competitiva e adeguata al cittadino. Attualmente gli ospedali si reggono sulla grande esperienza di medici “over 55”, perché gli attuali standard statali hanno messo in piedi un salto di due generazioni di professionisti e quindi un’evidente chiusura alle “giovani forze”, che sulla causa potrebbero dare una grande mano.
La questione del personale ridotto è solo una sfumatura dei tanti problemi legati alla malasanità, se pensiamo anche come molti reparti (soprattutto nei territori periferici) manchino di cervelli che ne dirigono e coordinano l’azione. Molte aree mediche vedono la mancanza di un primario da anni, poiché lo Stato sta preferendo tenere lì medici “facenti funzione” di quella carica senza però nominarli ufficialmente a quello status. Proprio la mancanza di una “figura leader “ nei vari reparti, rende difficoltoso e disordinato il lavoro: ecco perché ritroviamo i cittadini a fare una visita ospedaliera su prenotazione (oncologica, ortopedica, etc) anche a distanza di un anno, costringendoli quindi – in estrema urgenza per curare i propri mali – a fare affidamento ai costosi e tempestivi trattamenti sanitari privati. In diversi quartieri di Roma, la sanità pubblica ha perso con il privato in fatto di competitività, poiché mette in luce un servizio sempre più carente e destinato a peggiorare ulteriormente in futuro.
E’ inutile negare come la questione legata alla sanità pubblica risenta fortemente anche delle politiche aziendali e territoriali circostanti: se le aziende dirigenti sperperano fondi preziosi non tenendo conto dei propri dipendenti e delle proprie eccellenze (pensiamo al Centro Paraplegici di Ostia), la politica non si è mai interessata a dovere sulla questione. Tranne qualche slogan elettorale di consiglieri eletti e le solite promesse sotto amministrative (come peraltro sta avvenendo ora), nessun politicante si è mai soffermato a studiare e interessarsi alla tematica all’interno del proprio territorio.
Grandi responsabilità sono anche dello Stato e del Ministero della Salute, che pare aver perso il polso e la visione delle singole realtà sanitarie. Ma cosa ne pensano i cittadini dell’attuale situazione? Credono che le colpe siano esclusivamente del ministro Lorenzin, estranea a titoli nel campo della medicina? Assolutamente no! Il cittadino – almeno romano – ricorda bene l’esperienza del Prof. Umberto Veronesi come Ministro della Salute e di come non migliorò il servizio sanitario pubblico, nonostante lo status di luminare nel campo dell’Oncologia: è parso come a qualcuno manchi tanto la gestione dell’ex ministro Francesco Storace.
Il Lazio ha bisogno di una sanità pubblica efficiente e capace di coprire tutte le richieste nei vari territori, rendendo il servizio accessibile a tutti i cittadini: anche da questi aspetti si dimostra come Roma possa essere una capitale d’Europa.