Kijowski ha dato inizio al corteo con la frase “Siamo qui per difendere la democrazia e la libertà del nostro Paese”, aggiungendo precise allusioni alla questione della riforma della televisione pubblica, vista come un tentativo di “censura mediatica” operato dal nuovo governo. Le proteste hanno abbracciato anche altri argomenti, come il caso della Corte Costituzionale, per cui i partiti dell’ opposizione come PO (Piattaforma civica) si sono rivolti al Parlamento europeo; la questione sui migranti, in cui il partito PiS è accusato di xenofobia e razzismo; la tassazione rivolta alle multinazionali (prevalenti nel settore alimentare e artigianale) in aperto contrasto con i precedenti accordi stipulati dal governo Tusk e Kopacz; l’ ipotetico inganno che Jaroslaw Kaczynski avrebbe commesso durante la campagna elettorale, non informando gli elettori delle precise prerogative del partito.
“L’ intromissione del governo nei media comporterà la degenerazione che già conosciamo: saranno controllati i telefoni, i movimenti delle opposizioni, limitata la libertà di stampa”, ha affermato Kijowski parlando della proposta di riforma della radio e della televisione pubblica. La proposta era stata fatta subito dopo le elezioni del 25 ottobre 2015, ma fino ad oggi non è stata messa in atto alcuna modifica, dal momento che i direttori del canale televisivo più influente (TVP) si sono dimessi di loro spontanea volontà, dopo aver denigrato il partito PiS durante tutto il periodo delle campagne elettorali.
“Per la questione della Corte Costituzionale ci rivolgeremo all’ Europa”, hanno aggiunto le opposizioni, rifiutando la proposta di compromesso dichiarata dal primo ministro, ma di fatto perdendo in partenza, poiché il Parlamento europeo non ha ritenuto necessario alcun controllo particolare nei confronti della Polonia. Infatti, nonostante la mano forte di Guy Verhofstadt, capogruppo dell’ ALDE (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’ Europa), le parole di Beata Szydlo sono state assai più convincenti e mirate, nonché sostenute dalla maggioranza degli europarlamentari presenti (che esibivano la targhetta originale “Jestem Polakiem” o tradotta: Je suis Polonais).
“Noi siamo polacchi, non siamo PiS” riportavano altri cartelli, mostrando un’ acuta e, in parte paradossale, ostilità nei confronti della politica fiscale e estera del governo. “Kaczynski ci ha ingannati” era lo slogan più gettonato, che molti collegano alla mancata esposizione da parte del personaggio in questione degli obiettivi di governo, cosa estremamente falsa. In effetti, tutti ricordano la “crocifissione mediatica” che ha subito Jaroslaw Kaczynski per via della sua apertura della campagna elettorale, in cui ha citato anche l’ Italia nel discorso sulla politica migratoria, mostrando compassione, ma soprattutto comprensione nei confronti delle difficoltà a cui siamo esposti. Costui ha esplicitamente detto che Varsavia sarà un’ altra Budapest, dichiarando la sua simpatia per Viktor Orban, primo ministro dell’ Ungheria; che non correrà il rischio di subire attentati per mano di potenziali terroristi islamici; che tasserà aspramente le multinazionali entrate in campo durante il governo Tusk. Il tutto ponendo come primo ministro Beata Szydlo. Con un’ apertura elettorale così aspra e diretta, le possibilità di vittoria erano assai basse, secondo i media nazionali, i quali non ammettono e non divulgano ai cittadini stessi un fatto fondamentale: il partito Diritto e Giustizia (PiS) è stato eletto, con la maggioranza assoluta nel Senato, democraticamente. Ecco svelata la paradossalità della manifestazione e la sua evidente funzione: cercare di raccogliere le ultime gocce di potere e influenza rimasto alle opposizioni, le quali, finché la stragrande maggioranza dei cittadini polacchi si sente rappresentata da PiS, non hanno alcuna utilità pubblica.