-di Carlo Prosperi- Il Popolo della Famiglia ha lanciato la sua sfida. Un migliaio di militanti provenienti a loro spese da tutta Italia hanno riempito il teatro più grande di Roma, per una manifestazione nazionale che gli stessi Adinolfi e Amato hanno definito di apertura della campagna elettorale. Obiettivo dichiarato il 3%, per entrare in parlamento come soggetto politico autonomo. Ne parliamo con Mirko De Carli, dirigente PdF.
Vi sembra un obiettivo realistico quello del 3%?
Correre da soli ci sembra quello che dobbiamo fare, come un imperativo morale, e la risposta che già stiamo ottenendo nel Paese ci induce all’ottimismo. Non essendo partito di palazzo, ancora non siamo rilevati nei sondaggi, ma le proiezioni dei risultati ottenuti alla nostra prima prova elettorale, quando eravamo nati da solo poche settimane, sono positive.
Voi e il resto del centrodestra sembrate stare ignorandovi. In piazza accanto al teatro Eliseo c’era la manifestazione di Meloni e Salvini. Nessuna intesa possibile?
Le intese semmai si faranno in parlamento, ciascuno partendo dalla propria identità. Per fare questo c’è bisogno di una presenza politica nuova e autonoma, perché non basta dirsi “trumpisti” per essere veramente nel vento della storia. Trump ha iniziato il mandato rivolgendosi alle famiglie americane come soggetto centrale e privilegiato, tagliando i fondi agli abortisti, e prendendo le distanze dall’agenda lgbt. Salvini e Meloni pensano che questo programma sarebbe prioritario anche per gli italiani? Noi sì, ma ci chiediamo perché per loro non lo sia stato finora.
Eppure i vostri rapporti col resto del mondo cattolico non sembrano idilliaci.
Noi siamo un partito di ispirazione cristiana ma non un movimento ecclesiale. Il nostro programma si basa sui principi della dottrina sociale: primato della persona, prevalenza delle ragioni del lavoro e dell’impresa su quelle del capitale, bene comune come criterio di fondo che orienta tutte le scelte politiche, sussidiarietà, libertà religiosa, di pensiero e di opinione, e soprattutto valori non negoziabili su vita, famiglia, educazione. Ci sentiamo come la Solidarnosc italiana, perché siamo nati per dare potere ai senza potere, per dare voce a chi non ha voce. Come si può pensare che un cattolico sia contrario a questa agenda?
Eppure la CEI sembra tiepida nei vostri confronti e anche tra i promotori del Family Day c’è chi insinua che non sareste fedeli al magistero di Papa Francesco.
Voglio sperare che la CEI sia altrettanto tiepida verso le forze di governo che in questa legislatura hanno centrato solo obiettivi contrari ai valori cattolici, come le unioni civili, e per la prossima si preparano a varare leggi sulla eutanasia, per l’abolizione dell’obbligo di fedeltà nel matrimonio, per consentire l’utero in affitto, e per reprimere ogni pensiero difforme sull’omosessualità e sulla natura della famiglia. Se poi tra i cattolici, direi meglio tra i clericali, c’è chi pensa che siamo contro al magistero del Santo Padre, lo vadano a spiegare ai partiti dai quali si attendono candidature per i loro amici, partiti cioè che facevano per i militanti magliette contro Francesco, votavano il divorzio breve e sono stati disponibili verso eutanasia e adozioni gay.