Ieri sera ero relatore, con il Prof. Massimo Introvigne, ad un incontro promosso dal Circolo La Croce di Faenza: nel saluto del Vescovo Mons. Toso ho ritrovato parole davvero lucide e illuminanti sul tema. Il vescovo ha ribadito la necessità non solo di ‘parare i colpi’ nelle vicende oggetto di dibattito parlamentare (ora le unioni civili, fra un mese l’eutanasia) ma di coltivare le premesse perché queste situazioni non possano ripetersi. Appunto, lavorare sulle premesse: come? Rimettendo in pista quell’impegno, da troppo tempo abbandonato, di formare e accompagnare come Chiesa un nuovo protagonismo laico capace di diventare, col tempo, soggettività politica attiva e proponente idealmente ispirata alla Dottrina sociale della Chiesa.
Parole chiarissime che danno risposta compiuta a quanto andavo dicendo: occorre tornare a giocare da protagonisti la partita della rappresentanza politica dei cattolici. Con la nuova legge elettorale, l’Italicum, e con lo svuotamento della camera di compensazione, il Senato della Repubblica, ci troveremo davanti (prova ne saranno le prossime amministrative di giugno) ad uno scontro all’arma bianca tra Renzi e i 5 stelle: tra una forza espressione della sinistra socialista europea e che sta assumendo sempre di più i connotati di un partito radicale di massa e il movimento liquido anti-casta per eccellenza fondato da Grillo e Casaleggio.
In questo scenario i cattolici dove sono? Cercheranno casa nel Pd? Tenteranno di ‘convertire’ i grillini? Non credo proprio. Se da un lato il centro-destra in salsa Berlusconi-Salvini-Meloni conferma tutte le difficoltà dovute all’assenza di un vero leader riconosciuto ed al tramonto dell’era d’oro berlusconiana, dall’altro lato troviamo praterie inesplorate rappresentante dal non voto che per gran parte rappresenta quel ceto medio cattolico che da sempre è risultato decisivo per le tornate elettorali italiane.
Occorre quindi investire ogni risorsa possibile per riportare questi milioni di italiani a votare: ma come? Se sullo scacchiere della politica troviamo un partito molto liberal sulle riforme e arcobaleno sui temi etici (Partito democratico) e un movimento camaleontico come i 5 stelle che poggia la propria iniziativa politica solo sulle battaglie identitarie tipiche della propria storia (legalità, lotta alla casta, democrazia diretta…) perché non provare a mettere ‘in commercio’, politicamente parlando, una casa politica dei cattolici che definiscono la loro azione programmatica partendo dalla centralità della famiglia naturale?
Non un partito monotematico ma un movimento fluido, liquido, animato da tanta società civile capace di declinare le proprie proposte di governo del paese partendo dalla difesa dei valori costituzionali come l’art.29 che riconosce la famiglia fondata sul matrimonio. Se fossimo capaci, con pazienza ed audacia, di creare le condizioni perché una casa politica con queste caratteristiche potesse nascere si verificherebbero due effetti immediati: emergerebbe una nuova classe politica di laici cristiani ben formata (che da mesi sta girando l’Italia in conferenze pubbliche) e tanti cattolici imbrigliati nei partiti attuali e spesso poco incisivi tenderebbero a valutare la possibilità di aderire al nuovo movimento.
Oggi diventa ancora più necessario poter contendere la maggioranza parlamentare: non essendoci alternative in tanti rimangono ‘rifugiati’ dentro le case politiche figlie della seconda repubblica. Occorre quindi una nuova soggettività politica capace di conciliare identità e libertà: due pilastri che necessariamente orienterebbero la prospettiva programmatica. Il modello di rifermento? Le tanti giovani famiglie con mamma, papà e figli presenti nelle due piazze degli ultimi Family Day. La cultura a cui ispirarsi? La dottrina sociale della Chiesa declinata all’oggi. L’area politica europea? La grande famiglia del popolarismo europeo, con l’impegno di riformarla e di liberarla dal virus relativista e nichilista che la sta affliggendo.
Una strategia come questa, che vede l’Italia come punto di partenza, sarebbe anche l’occasione per rimettere in discussione il progetto politico europeo, oggi troppo orientato alla finanza e meno agli ideali, di matrice giudaico-cristiana, che ispirarono l’architettura europea sin dalle sue origini. Abbiamo il dovere di farlo? Assolutamente si. Le premesse, in tal senso, ci sono: a noi il compito di tradurle in azione capace di reale partecipazione e rappresentanza.