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BRUXELLES UNA GIORNATA DI ORDINARIA FOLLIA

Picture taken with permission from the Facebook site of Jef Versele showing the aftermath of this morning's explosions at Brussels airport. PRESS ASSOCIATION Photo. Picture date: Tuesday March 22, 2016. See PA story POLICE Brussels. Photo credit should read: Jef Versele/PA WireNOTE TO EDITORS: This handout photo may only be used in for editorial reporting purposes for the contemporaneous illustration of events, things or the people in the image or facts mentioned in the caption. Reuse of the picture may require further permission from the copyright holder. LaPresse Only italyBruxelles, esplosioni all'aeroporto Numerosi feriti, edificio evacuato

– A cura di Antonio Pezzopane – Sono le sette e cinquanta minuti di un lunedì mattina affrettato, per lo scalo aeroportuale della capitale del Belgio e dell’Europa passano uomini di affari e funzionari, qualche famiglia in partenza per le vacanze. Tutti affollano questo luogo di vita in cui tutto è dinamico, dove le esperienze si raccontano e le provenienze si mescolano per creare un’atmosfera che si respira solo nei grandi scali internazionali.


Sette e cinquantuno minuti, tre uomini si aggirano per i banchi del check-in spingendo dei carrelli con delle grosse valige, non abbastanza però per loro che hanno dovuto lasciare parte del carico a casa per una banale mancanza di spazio nel taxi. Attorno a loro uno sciame di persone assonate in fila, assistenti di volo pronti per una giornata di lavoro nei cieli del pianeta, un papà che scatta per correre dietro a due figlie irrequiete.

Sette e cinquantadue, il brusio e la vita di quella indomabile folla in movimento è squarciato da un’esplosione sorda. Mentre crollano i controsoffitti uomini e donne avvertono il pericolo ed hanno l’istinto di fuggire, mentre cade dall’alto una nube di detriti grigia ed irrespirabile la loro corsa verso la luce dell’uscita è interrotta da un’altra esplosione. È il terzo uomo, ha azionato il detonatore che tiene nel guanto della mano sinistra una volta arrivato davanti alla porta, in quella direzione ,avrà pensato, si sarebbero messi a fuggire gli occidentali.

I minuti del dopo sono interminabili: le orecchie fischiano per le esplosioni ed il panorama si è fatto di gente ferita e stordita riversa sul pavimento. Urla, dei feriti e di chi ha perso di vista i propri cari, in questa fuga senza meta ci si calpesta a vicenda, i sensi sono occlusi: la vista, l’udito, la nostra stessa umanità.

I terroristi hanno colpito, il nemico invisibile fatto di ombre e morti inaspettate di chi non crede di essere in guerra, figuriamoci di parteciparvi.

È un giorno di ordinaria follia a Bruxelles, chi è sopravvissuto ed è illeso si trova all’esterno dell’aeroporto, si forma una lunga coda di persone che si allontanano sporche e malconce, in silenzio. Una scena già vista dopo gli attentati di Londra e Madrid, la schiera dei “fortunati” si allontana dai luoghi dell’orrore come nel traffico al termine di una giornata di lavoro. Chi si trova in città vede offesa la drammatica routine, è arrivata la sensazione della morte a dissipare la nebbia di media e social network che appena ci fanno intravedere le nostre vite. Passano i minuti e la notizia si sparge, i lanci di agenzia giornalistici fanno il giro del mondo e le autorità belghe compresa la situazione si preparano ad una conferenza stampa.

Anche questi propositi si annullano di fronte alla terza esplosione, in metropolitana un vagone salta in aria ed è una strage, la seconda in un’ora.

Tutto diventa drammaticamente mediatico, ci sono da filmare le grida dei feriti, gli ultimi respiri di chi se ne sta andando. Raccontare, raccontare, bisogna raccontare la vera morte e metterla dietro ad un video per far si che non faccia parte delle nostre vite false.

Partono le dirette televisive che, se possibile, sono ancor più imbarazzanti delle tragedie che raccontano, ” è il giornalismo delle sensazioni baby, è il futuro”. Il futuro di una società senza futuro, fatta solo di contemporanei. Iniziano a piovere le frasi di circostanza (qualche giornalista più serio ce le risparmia) ed è un susseguirsi di volontà di dire la nostra su Facebook e Twitter che a tutti danno la parola e tutti rendono nullità. Ed inizia la rozza alternanza tra i caroselli dei “buonisti” ,convinti che l’occidente abbia conquistato il suo status distribuendo margherite, ed i “cattivi” che nel dubbio “li manderebbero tutti a casa”.

“Sono le regole del gioco baby” e questi “bastardi terroristi” le hanno disattese: come si permettono di venire ad infrangere la nostra virtuale routine di ” guerra o pace non importa, purché a qualche migliaia di kilometri da casa”.

A fine serata tra se e se l’occidente tira un sospiro di sollievo, in fondo un’altra giornata di palinsesti se n’è andata.

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