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BERLUSCONI TORNA IN CAMPO E LE PROCURE SI RISVEGLIANO.

A cura di Andrea Rapisarda – In un periodo di stallo per le sorti del centrodestra italiano, Berlusconi prova nuovamente a scendere in politica e a rendersi interprete di un polo sempre più ambiguo nonostante le premesse di unità e condivisione dei programmi politici. Tra i vari schieramenti si parla di compattezza e credibilità congiunta, specie per far fronte ai fallimenti dei democratici ed evitare l’avvento di un governo grillino (specie dopo l’attuale esperienza romana con la Raggi)… le ultime dichiarazioni pubbliche dei vari leader però fanno pensare ad altro, con una leggera area di maretta che si percepisce dentro la sfera di centrodestra.

Tra i tanti volti spicca quello di Silvio Berlusconi, padre della nostra realtà politica e figura che tanti vorrebbero deporre dopo vent’anni di leadership incontrastata nella storia contemporanea italiana. L’ex Cavaliere prova nuovamente a calcare le scene del centrodestra, rincorrendo una leadership che già ora gli appartiene per seguito e non tenendo conto del fattore anagrafico per scendere in campo. Pazienza se ha ottantuno anni e diversi problemi fisici, ci troviamo ancora di fronte a un polo dipendente da Berlusconi: una realtà politica che non riesce ad andare oltre all’esperienza del patron di Mediaset, arrivando a bruciare – per i più svariati motivi – anche quei papabili eredi che potevano raccogliere una pesante eredità politica (Fini, Alfano, Parisi, Toti). Un centrodestra che nonostante schieri tra i suoi membri volti come Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Raffaele Fitto, rimane ancorato – direttamente e non – alla figura dell’ex Premier.

Il suo ritorno in campo però, non ha semplificato le cose all’interno del polo, ma in realtà le ha solamente rese più complicate e ambigue… rimane anzitutto una Forza Italia vicina alla maggioranza democratica; il tutto per seguire determinati interessi e mostrando una disponibilità immediata anche a scriverci la nuova legge elettorale (mettendo addirittura in secondo piano il voto): ambiguità che fanno male al centrodestra, ora più che mai debole e a rischio di scomparire tra le realtà politiche italiane che contano. Vi è poi il fattore della magistratura per Berlusconi, che ormai contro di lui ha aperto – a torto o ragione – una persecuzione senza esclusione di colpi. Non ha fatto in tempo a riscendere sulla scena pubblica, che subito il giudice l’ha chiamato a giudizio – casualità – sul caso Ruby e i finanziamenti illeciti alle cosiddette olgettine. Una giustizia italiana che torna a influenzare le sorti politiche del Paese, facendo il lavoro sporco della maggioranza di centrosinistra per delegittimare e ridicolizzare l’opposizione di centrodestra.

Analizzata la situazione, è innegabile come lo stato del centrodestra sia drammaticamente grave e come serva al più presto un punto di svolta per cambiare rotta. Il polo deve tornare a guardare il futuro, senza ciondolarsi sugli allori del ’94 o sui traguardi berlusconiani. Bisogna uscire da questo tunnel proponendo un radicale cambio generazionale, che tramite i congressi permetta alle nostre giovani eccellenze di esprimere il proprio potenziale e guidarci a una rincorsa credibile verso la leadership nazionale. L’attuale legge elettorale avrebbe esiti nefasti sulle sorti del centrodestra, calcolando che il polo unito rischierebbe di non arrivare al 30% nelle elezioni nazionali: una situazione che comporterebbe il taglio dell’80% dei propri deputati e senatori all’interno delle Camere.

Serve un progetto serio, che si fondi anzitutto sulla “coerenza” tanto citata da Matteo Salvini nei mesi scorsi. E’ inammissibile solamente pensare a mosse “salva Alfano”… ci si concentri invece su linee programmatiche comuni e uno spirito unitario che riaggreghi e ricompatti il polo di centrodestra: una chiarezza trasparente sugli obiettivi comuni in politica estera e interna, che non lasci gli elettori a fraintendimenti e li porti a votare per altre liste (come nel caso dell’emorragia pentastellata dei delusi). Un’idea precisa che deve provenire anche da Forza Italia, che non può più tenere il piede in due scarpe diverse: non può parlare di sovranità con Brunetta e perseguire poi le politiche europeiste del PPE (con buona pace di Tajani); non si può parlare di polo unito e poi strizzare l’occhio al centrosinistra per scrivere la legge elettorale insieme.

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