A cura di Domenico Antonio Marcianò – La strage di Parigi è stata per noi tutti un evento tragico, vista con gli occhi della rabbia e dell’impotenza per le modalità di esecuzione e per la strategia volta a terrorizzare un’Europa senza veri governanti che nelle ore più cupe hanno invitato a moderare i toni nei confronti dell’Islam, cosa giusta per i connotati che la discussione mediatica ha preso, ma che lasciano numerosi quesiti su chi veramente è l’alleato dell’Occidente nella lotta al terrorismo di matrice fondamentalista. Nessuno ha mai pensato che questi attacchi siano stati compiuti per colpire solo l’Occidente, ma che siano un messaggio, colpire uno per educare tutti . Ma se è un problema di collettivo, perché il popolo islamico ammonisce i comportamenti scellerati di questi individui per poi chiudersi nel mutismo e nel silenzio delle moschee? Se il popolo islamico vuole davvero essere un alleato di chi vuole estirpare questo cancro dal mondo, deve non solo scendere in piazza, ma deve aprirsi all’Occidente. Non è pensabile che a combattere lo stesso nemico ci siano due fazioni che si odiano profondamente. Se il musulmano medio pensa che l’America è la causa di tutto, che questa strage è una risposta ai bombardamenti francesi in Syria, che il popolo occidentale ha come obiettivo quello di opprimere l’Islam, non si possono gettare le basi per qualcosa di concreto. Non si può pensare di combattere il Califfato nascondendosi dietro la parola. Occorre sinergia non solo in Europa, ma soprattutto dove Daesh pone le sue radici per fare propaganda e assoldare nuove leve. Occorre che le comunità presenti sul territorio mondiale allontanino i fanatici e gli integralisti. Se una di queste cose manca, allora l’Islam cosiddetto moderato non è un valido alleato ma uno spettatore indifferente e gli sforzi per mettere la parola fine allo Stato Islamico saranno vani.