Quando ero piccolo il mio quartiere non offriva molto e le parrocchie erano l’unico luogo di aggregazione. La cosa più pericolosa era però la microcriminalità locale che minacciava gli abitanti stessi del quartiere. Sullo storico ponticello del Pigneto si sono registrati centinaia di furti. I motorini avevano una vera e propria pista di lancio per puntare le signore e poterle scippare. Il Pigneto ai tempi aveva anche una bruttissima nomea.
Ricordo che quando ai tempi del liceo, negli anni 90 mi spostai a studiare in centro, nessuno dei miei compagni di classe volle mai venire a trovarmi a casa, neanche abitassi in una favela brasiliana. Erano un bel po’ snob, ma il quartiere era veramente pericoloso, tanto che le nostre famiglie ci barricavano in casa o al massimo provvedevano a farci accompagnare in parrocchia.
Nelle strade vedevi vagabondare questi ragazzi tossicodipendenti che puntualmente andavano in astinenza da eroina e sembravano indemoniati.
Sono cresciuto nella farmacia del quartiere dove lavorava mia nonna e questi ragazzi li conoscevamo tutti per nome perché ogni giorno venivano a prendere le siringhe. A prima vista facevano paura, perché spesso già a 20 anni non avevano più i denti, spesso entravano in farmacia per farsi medicare dopo qualche brutta avventura.
Ma questo era il clima dei mitici anni 80.
Solo una volta mi spaventai davvero. Avevo circa 6 anni e andavo con mio nonno a giocare nel campetto della storica Sant’Elena. Vedendo un capannello di ragazzi più grandi mi avvicinai con l’innocenza di un bimbo di 6 anni a vedere cosa stessero facendo. Fu lì che vidi per la prima volta un ago entrare interamente nella vena di un ragazzo per riempirlo di morte.
Mi spaventai tantissimo e corsi da mio nonno piangendo. Quell’immagine tornò spesso nei miei incubi d’infanzia.
Sono passati 30 anni da quel giorno e nel mio quartiere sono cambiate molte cose. Non c’è più il mercato che invade la strada fino al ponticello, c’è un pezzo di una metro c che forse in un paio di secoli verrà completata, hanno riaperto il cinema, molte case sono state ristrutturate, al posto delle botteghe storiche ci sono tanti nuovi locali di moda e probabilmente anche i miei amici del liceo ora verranno la sera a fare l’aperitivo sull’isola pedonale.
Da qualche tempo però sulle nostre strade sono magicamente riapparse le siringhe strette e lunghe degli eroinomani. Quelle stesse bastarde che trasmettevano morte e malattie proprio 30 anni fa.
Insieme a loro sono tornati gli stessi zombie in crisi di astinenza e pronti a far tutto per procurarsi una dose.
Ormai il mio quartiere lo trovo ogni giorno sulle pagine di cronaca. Ripenso a quei luoghi 30 anni fa e penso a quanto siamo idioti nel ripetere gli errori del passato.
Proprio ieri sera incontrando un gruppo di amici sul sagrato della chiesa, ho sentito racconti che mi hanno fatto venire i brividi. Hanno paura ad uscire la sera di casa e al tramonto rientrano, come se fosse l’ora dei vampiri. Se ti rompono il vetro della macchina non lo ripari neanche più perché ogni due settimane non puoi stare a riparare i vetri. Anzi lasci direttamente la portiera aperta così non ti sfasciano neanche le serrature. Interi quartieri impauriti, sporchi, abbandonati.
30 anni fa usciva Ritorno al Futuro e tutti facevamo a gara per immaginare un futuro estremamente modernizzato e tecnologico e il nostro ottimismo era alle stelle.
30 anni dopo è tornata l’eroina tra i nostri ragazzi, stendo un velo pietoso sul consumo di cocaina e altre droghe pesanti, sono tornati gli zombie senza denti che ricorrono nei miei incubi e siamo costretti a vivere in mezzo ai rifiuti e alla gente che dorme per strada sui materassi.
Siamo così sicuri che il nostro ritorno al futuro sia così bello e che più si vada avanti e più migliorino le cose?
Il nostro è un ritorno al passato, un passato che fa paura che puzza di degrado, morte e paura.