Nato da padre siciliano e madre italoamericana, educato dai Gesuiti, laureato ad Harvard, Antonin Scalia fu nominato giudice della Corte Suprema dal presidente Reagan nel 1986 e confermato dal Senato con 98 voti su 100. Sposò Maureen nel 1960 e la coppia ebbe ben nove figli, dei quali uno è sacerdote. Si è spento all’età di 79 anni mentre era in Texas per una battuta di caccia con gli amici.
La sua morte apre delle spinosissime questioni politiche. Obama adesso dovrà nominare un successore, ma il Senato, controllato dai repubblicani, molto verosimilmente non accetterà nessuno dei nomi proposto dal presidente. Infatti, la nomina di un eventuale “liberal” potrebbe cambiare gli equilibri della Corte Suprema, che fino alla morte di Scalia era formata da cinque giudici conservatori e quattro progressisti, sbilanciandola verso sinistra. Quindi, a dirimere la questione sarà probabilmente il vincitore delle elezioni presidenziali di novembre che oltre a conquistare la Casa Bianca, sancirà anche quale sarà la nuova maggioranza all’interno della Corte Suprema.
Diceva Scalia: “Diversi colleghi mi dicono che la Costituzione è un testo vivo, io devo ricordare loro che è un testo morto.” Ciò per ricordare che quando si interpreta la Costituzione bisogna attenersi alla lettera della legge e non lasciarsi andare a interpretazioni creative o evolutive , spesso frutto di un’eccessivo attivismo politico travestito con argomentazioni giuridiche.
Il pensiero giuridico di Antonin Scalia può essere riassunto nella semplice massima: la Costituzione è scritta così, così la applico. Principio che dovrebbero ricordare anche i giudici della Corte Costituzionale italiana, della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e soprattutto della Corte Europea dei Diritti Umani, che invece spesso e volentieri vanno oltre il testo originale della legge in nome dei tempi che cambiano, così come la stessa Corte Suprema USA nel decidere in favore dell’estensione del matrimonio gay a tutti gli Stati; ovviamente con il voto contrario di Scalia che sostenne che un pugno di giudici non avrebbe dovuto pronunciarsi su una questione così delicata, ma sarebbe stato meglio che se ne fossero occupati i rappresentanti del popolo. Infatti disse: “un sistema di governo che subordina il popolo a una commissione di nove giuristi non eletti non merita di essere chiamata democrazia”. Parole che andrebbero scolpite in ogni aula di tribunale.