A cura di Francesco Zanotti – La Lega Nord, nato come movimento “di battaglia”, negli anni di battaglie ne ha fatte davvero tante, scontrandosi con polemiche spesso fondate più sugli altrui pregiudizi che sui contenuti e che ancora oggi faticano a spegnersi. A distanza di trent’anni dalla nascita dei primi embrioni del movimento, molti sembrano accorgersi solo oggi che tante proposte lanciate da Gianfranco Miglio e dall’allora “senatur” Umberto Bossi non erano tutte bestemmie, ma avevano un senso che allora, nel pieno marasma di Tangentopoli in cui la pattuglia di camicie verdi in Parlamento era vista come una minaccia, non venne percepito. Fra pochi mesi i cittadini di Lombardia e Veneto saranno chiamati a votare un referendum riguardo la propria autonomia, storica battaglia leghista, e i governatori “padani” Zaira e Maroni sono in prima linea per il buon esito della consultazione, seguiti a ruota da tutto il partito per sfruttare un’occasione aspettata da anni. Oggi però, con lo spostamento dei progetti del segretario, mettersi contro la Lega in “difesa dell’unità nazionale” non ha davvero più senso e non sono più possibili le “conventio ad escludendum” antileghiste dei primi anni novanta, ed ecco grillini e sinistra lombarda riscoprirsi improvvisamente federalisti, con tanto di consiglieri regionali pentastellati che rivendicano un ruolo chiave nel progetto e con il sindaco di Milano che annuncia il suo voto a favore. Anni fa questa cosa non sarebbe davvero successa, ricordiamo gli anni di attacchi contro i governi Berlusconi accusati di “antimeridionalismo” e di “sbilanciamento dei servizi” in favore del nord. Quella del federalismo è solo una delle battaglie rubate, perché è sotto gli occhi di tutti il tentativo di sorpasso a destra operato da Luigi di Maio e dai suoi sul caso ONG. Sappiamo tutti che le posizioni dei cinque stelle sono orientate verso la sinistra più rossa, ma la loro vocazione di “partito pigliatutto” e l’inesistenza di una formazione unitaria della loro classe politica, unite alla tendenza a cambiare opinione ogni cinque minuti oppure a fare direttamente a meno di esprimerle per non escludersi i voti di nessuno, fanno sì che i grillini cerchino spesso di allinearsi in ritardo alle battaglie di Salvini e Meloni. Peccato che a queste parole non seguano i fatti e che i “destroidi” che pensano, ascoltando Di Maio, di essere rappresentati da lui e di votarlo, finiranno per dare voti alla prima vera forza della sinistra radical-chic di questo paese. Se la coerenza premia però aspettiamoci nei prossimi mesi una Lega alla riscossa, un partito che si toglierà sfizi vecchi trent’anni, come il federalismo, e osteggiati da decenni di attacchi da sinistra, come l’opposizione all’immigrazione clandestina. Per tutti arriva il momento di dire “vedete? Ora mi date ragione”.