– a cura di Riccardo Boccolucci – Forse questo è il titolo che vi sareste aspettati in caso di vittoria della Ex First Lady nella lotta alla Casa Bianca ma, a suo malgrado, Hillary Clinton è entrata nella storia degli Stati Uniti d’America per ben altri motivi.
Giustamente vi chiederete, perché?
E’ semplice, la candidata democratica, che ha perso le elezioni presidenziali americane contro Donald J. Trump, ha ottenuto complessivamente oltre 2 milioni di voti in più rispetto al Tycoon Newyorkese, pari all’1,6% dei voti totali.
Ovviamente la vittoria di “The Donald” è acclarata, ha vinto grazie ad un numero sufficiente di “grandi elettori” necessari per diventare presidente (negli Stati Uniti, come saprete tutti, vince chi ottiene almeno 270 grandi elettori, assegnati in maniera differente per ogni Stato).
Questo dato sul distacco tra i due candidati nei voti complessivi è davvero molto interessante, e ci deve far riflettere.
Stiamo assistendo allo svolgimento di un evento a dir poco raro nella storia americana, uno scenario simile si era verificato solo 4 volte, e per di più con un distacco superiore all’1,5% dei voti totali non si vedeva dalle elezioni presidenziali tra Hayes e Tilden del 1876.
Come è naturale che sia, ogni qual volta ci sono accadimenti del genere – l’ultima volta alle presidenziali del 2000, quando il candidato Democratico Al Gore ottenne complessivamente 500,000 voti in più del Repubblicano George Bush, che però ottenne molti più grandi elettori e divenne presidente – il sistema elettorale americano viene aspramente criticato per non tener conto, almeno in apparenza, di uno dei principi chiave della Democrazia: vince chi prende almeno un voto più degli altri.
La vittoria di Donald è tutto fuorché ingiusta, in quanto incarna pienamente lo spirito del sistema elettorale americano: Trump ed il suo staff, sfruttando al meglio la regola in vigore sui “grandi elettori”, sono stati molto abili nelle loro scelte durante la campagna: hanno speso molte più energie e risorse per vincere, anche con poco scarto, negli stati in bilico tra democratici e repubblicani, piuttosto che per perdere “bene” in uno stato dove il candidato avversario è sicuro di vincere (California a maggioranza democratica o Texas fortemente Repubblicano). Di questo ne ha parlato il neo Presidente eletto in un intervista rilasciata al New York Times, dove ha dichiarato che avrebbe desiderato prendere più voti totali di Hillary Clinton, ma che in tal caso avrebbe dovuto condurre una campagna elettorale completamente differente.
Quindi, seguendo il nostro filo del discorso, possiamo concludere dicendo che effettivamente la vittoria si è decisa grazie a qualche migliaio di elettori, cioè quelli che compongono il distacco di Trump nei tre stati in bilico: Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Secondo le ultime stime, Trump è davanti a Clinton di 9,000 voti in Michigan, 22,000 in Wisconsin e 70,000 in Pennsylvania: circa 100,000 voti in tutto.
Un numero che, se paragonato alle 134 milioni di persone che hanno votato, è davvero microscopico.