Carlo Costalli è presidente da 12 anni del Movimento dei Cristiano Lavoratori. Nato da una costola delle Acli, in seguito agli anni della contestazione, anticamera degli anni di piombo, è rimasto il più longevo e solido tra i frammenti della grande galassia cattolica che si staccarono in seguito alla crisi del cattolicesimo sociale italiano, dovuta soprattutto alle scelte socialiste di alcuni movimenti.
Presidente ci racconti l’inizio della sua avventura
Il MCL è nato da una dolorosa scissione in seno alle ACLI, noi eravamo tra quelli che si opponevano a una deriva ritenuta errata rispetto alle teorie della dottrina sociale della Chiesa. Da ragazzo di 16 anni“aclista” scelsi il nuovo movimento, che, soprattutto nei primi anni incontrò non poche difficoltà. Gli scissionisti vanno bene all’inizio, ma poi si cerca sempre di farli rientrare alla casa madre o marginalizzarli. C’è una ricerca universitaria sulla storia dei movimenti scissionisti di quegli anni che poi sono spariti tutti, qualcuno ha scritto che è rimasto solo l’MCL.
Negli ultimi 10-15 siamo molto cresciuti, fino a diventare una grande realtà su tutto il territorio nazionale, con sedi in tutto il mondo, da Buenos Aires a San Paolo fino a New York e Toronto., grandi realtà di cooperazione internazionale soprattutto nei Balcani e in Africa. Sono appena rientrato da un viaggio in Giordania per visitare le opere che finanziamo là con il 5 per mille.
Siete molto impegnati per il No al Referendum. Quali sono le vostre ragioni?
Consideriamo un errore questa riforma ma teniamo a precisare che non vogliamo essere considerati dei passatisti o dei conservatori. Riteniamo che questa riforma specifica sia sbagliata, non che sia sbagliato riformare la Costituzione. E’ sbagliato riformarla senza coinvolgere la società, i corpi intermedi, in un dibattito ampio nel paese. Lo diremo con forza il 12 Novembre in una grande manifestazione in cui porteremo in piazza migliaia di persone ed entreremo anche nei contenuti. Non ci piace, in particolare, che il premier sostenga continuamente di aver inserito in questa riforma il più alto tasso di efficientismo e decisionismo; questo ci allarma un po’ perché sono categorie tecniche, procedure e modalità operative che vanno bene solo se restano tali, ma non possono rappresentare le motivazioni politiche per un sistema rappresentativo, tantomeno per riscrivere una Costituzione, altrimenti si determina il pericolo di una strettoia per la democrazia, si rischia, con questo meccanismo, di indebolire valori a cui siamo molto attaccati, come la partecipazione e la rappresentanza.
Ci parli di questa iniziativa di piazza.
Saremo alla ex Domus Pacis. Con il comitato famiglie per il No che è il nucleo storico che nasce da quello per il family day. Ci sarà anche Massimo Gandolfini per mettere insieme famiglia e lavoro che riteniamo siano, in un momento di crisi, i primi fattori di sviluppo per una società che deve essere libera, forte, prospera. Ribadiremo le nostre motivazioni, da due angolature convergenti: una più legato al tema del lavoro, l’altra al tema della famiglia. Il nostro è un No da autentici riformisti e riformatori, vogliamo difendere la sovranità del popolo dalle elite. Non cerchiamo vendette e non vogliamo personalizzare questa battaglia referendaria.
Cosa manca ai cattolici per ritrovare l’unità nell’impegno in politico?
Io credo sia impossibile ritrovare un’unita politica totale. Ci abbiamo provato molte volte, io sono stato a Todi 5-6 anni fa in uno degli ultimi tentativi al Forum dove abbiamo tentato un percorso che poi si infranse. I tempi, almeno per i prossimi anni, non sono maturi. Per avere una maggiore unità invece mancherebbe poco: un po’ più di coraggio e un po’ più di autonomia. Questo basterebbe per una buona unità e sarebbe già qualcosa, l’unità di un tempo non è al momento replicabile. Vogliamo comunque far tornare protagonisti i cattolici che sono sfiduciati, impauriti, delusi. Vediamo cosa accadrà dopo il 4 dicembre.