referendum

– A cura di Davide Salvati – Quale schema costituzionale il centro-destra dovrebbe proporre? Nei giorni che dividono il popolo italiano dalla data del 4 dicembre 2016, ossia quella in cui si verrà chiamati ad esprimere il proprio assenso o meno alla riforma costituzionale del duo Renzi-Boschi, oltre ad analizzare, contestualizzare e fare osservazioni critiche sulla stessa, il centro-destra dovrebbe anche riflettere e ragionare su quale dovrebbe essere la riforma costituzionale che qualora fosse forza di governo, dovrebbe proporre per superare un sistema costituzionale obsoleto e datato non più congeniale all’evolversi dei tempi. Proporre “un nuovo patto degli italiani” che superi la retorica stantia della “carta più bella del mondo”, attualmente inadeguata ad affrontare le sfide degli sbandamenti collegati all’Unione Europea e a dare linfa per una riscossa di tipo economico e geopolitico nel Mediterraneo. A mio parere un centro-destra unito dovrebbe a gran voce proporre un sistema di governo che superi realmente il bicameralismo perfetto ispirandosi ad altri sistemi vigenti in Europa e fuori, evitando preferibilmente di creare degli “ibridi” inesistenti in nessun altro posto del mondo. E quale sistema di governo potrebbe essere emulato? Il sistema semipresidenziale alla francese sicuramente è uno di questi in cui il Presidente è eletto direttamente dai cittadini e non sfiduciabile; egli è titolare del potere esecutivo che esercita nominando il Primo ministro. Il Premier deve avere per il suo governo la fiducia o almeno il tacito assenso, da parte del parlamento. Il presidente può sciogliere il parlamento, mentre quest’ultimo non può sostituire il presidente anche se può metterlo in stato d’accusa per motivi giudiziari. Qualora il parlamento presenti una maggioranza parlamentare di colore politico diverso da quello del presidente si instaura una forzata coabitazione tra presidente e un premier a lui ostile. In quest’ultimo caso prevale la linea di legittimazione parlamentare. Il semi-presidenzialismo francese può quindi essere definito “ad assetto variabile” alla luce del differente margine d’azione di cui dispone il Presidente, a seconda dell’appartenenza politica del Primo Ministro. È infatti evidente che se da un lato il medesimo colore politico consente al Presidente l’esercizio di ampi poteri decisionali e relega il Primo Ministro ad un ruolo secondario, dall’altro, in caso di coabitazione di maggioranze differenti (espresse in sede elettorale presidenziale e rispettivamente parlamentare, non coincidenti), Primo Ministro e Presidente si “bilanciano” vicendevolmente. Un’altra sfida importante sarebbe quella di proporre d’inserire in Costituzione quei tratti distintivi della nostra identità nella Carta che determina le regole che dovrebbero essere condivise a larga maggioranza; e quali se non l’inno nazionale e la lingua italiana? Da aggiungere al tricolore nazionale già presente all’attuale articolo 12 nei principi fondamentali, sarebbe il racchiudere perfettamente quei tre simboli che caratterizzano l’identità di una nazione all’interno di un contesto più grande. Bandiera, inno nazionale e lingua, simboli della nostra cultura e della nostra civiltà, Italiana. Cittadinanza, geopolitica, trattati internazionali, difesa e forze armate, politiche energetiche e welfare sarebbero le priorità in un nuovo schema costituzionale che avrebbe il compito di rinnovare l’adesione dei cittadini ad una patria di nuovo dinamica e al centro del proprio tempo.