– A Cura di Giovanni Russo – Una premessa. La stagione della sobrietà in Italia – nell’immaginario collettivo sfoggiata da Mario Monti con il loden – ha colpito per un attimo anche i dirigenti pubblici con l’avvento del tetto di 240.000 euro ai compensi dei dirigenti delle società controllate dallo Stato. L’ex direttore generale Luigi Gubitosi ha costruito il tetto in Viale Mazzini, ma è durato il tempo, esiguo, di emettere un titolo di debito (bond in inglese) per raggirare la norma: il tetto non vale, infatti, per le quotate e per chi emette sul mercato titoli di debito. Viale Mazzini ha importato l’astuto espediente sfruttato da numerose aziende pubbliche. Grazie a questo “trucchetto”, Mamma Rai può essere considerata, senza ombra di dubbio, la più grande famiglia italiana, con un esercito di 94 Dirigenti che guadagnano più 240.000 euro annui, ovviamente a spese, per dirla alla Totò: dei “Tartassati”, cioè i gioiosi contribuenti italiani.
Il Direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, però, prende 650mila euro, la presidente Monica Maggioni si ferma a 270.000 euro, Marcello Masi, direttore Tg2, 280.000 euro, Bianca Berlinguer, alla guida del Tg3, 280.000 euro, Antonio Di Bella, direttore Rai News, 308.500 euro, mentre il suo vice Alessandro Casarin percepisce 240 mila euro. E così via. Numeri che fanno venire il mal di testa e anche qualche arrabbiatura. Oltre ai “super dirigenti”, circa 13 mila dipendenti in organico (meno della metà a Mediaset, quasi 4 mila a Sky) di cui 1.700 giornalisti ripartiti in 14 strutture, tra redazioni e strutture corrispondenti, in più 40 mila collaboratori, 21 sedi regionali, 14 uffici di corrispondenza, 13 canali televisivi e 5 radiofonici. Numeri da grande azienda. Peccato che tra il 2006 e il 2010, viale Mazzini abbia perso quasi 260 milioni di euro nonostante gli enormi tagli ai costi inutili. Basti pensare che l’attuale dg Lorenza Lei riuscirà a chiudere in pareggio il bilancio 2011 solo grazie ad un taglio da 168 milioni di euro, soldi derivati dalla chiusura di alcune importanti sedi estere e alla chiusura dei rubinetti aziendali per i costosi diritti televisivi. Situazione che comunque non rimane rosea visto che Mamma Rai ha debiti, tra clienti e dipendenti, per una cifra che si attesta sugli 800 milioni di euro. Per far fronte a questa tragica situazione, viale Mazzini è costretta a chiedere ingenti prestiti alle banche e a mettere mano nelle tasche degli italiani aumentando il canone dell’1,4% a 112 euro. Una mano, quella nelle tasche degli italiani, che sa ancora più di scandalo, grazie ad una denuncia alla Corte dei Conti da parte del Codacons, una delle principali associazioni dei consumatori in Italia, secondo la quale i fondi ricavati dal versamento del Canone Rai, servirebbero per pagare quei vergognosi stipendi d’oro a giornalisti e dirigenti dell’azienda televisiva di Stato. Fin qui resta la vergogna, e nel momento in cui il governo ha deciso di riscuotere la tassa accorpandola ad un settore, quello energetico, che non le compete, è giusto che gli italiani sappiano che fine fanno i soldi versati per il Canone Rai. Ed è proprio qui che scoppia lo scandalo: infatti, pare che nell’azienda ci siano giornalisti e dirigenti senza incarico da anni, che percepiscono stipendi che oscillerebbero tra i 200mila e i 300mila euro, che superano anche il cachet massimo previsto, praticamente vengono pagati per non lavorare. Diciamolo, qui il nostro Premier Matteo Renzi ha dato il meglio di sè, superando addirittura quella genialata della Madia che con il decreto legislativo sulle partecipate pubbliche aveva previsto il cospicuo taglio delle controllate dello Stato, determinando fino a 150mila esuberi, cioè persone pagate per non lavorare. Entrambe decisioni in piena linea con l’operato del Governo di questi anni, che nonostante annunci su annunci, ha visto aumentare l’incidenza di povertà relativa e assoluta, ancora più marcata nella differenza tra Nord Sud, oltre che la mai abbastanza strumentalizzata disoccupazione giovanile (Dati Istat). Insomma è proprio il caso di dirlo: il Paese reale “Non è la RAI”.