– A cura di Federica Russo – Ho atteso, ho letto articoli, ho ascoltato opinioni. Purtroppo però, l’incontrastabile voglia di mettere in discussione anche ciò che appare ovvio non mi ha abbandonata nemmeno dinanzi ai recenti risultati delle elezioni amministrative.
In Economia e Gestione d’Impresa quando si analizza la composizione dell’organo di governo di una organizzazione si vuole andare prima di tutto a rintracciare quello che è il ruolo della proprietà in esso.
E’ importante rilevare tale informazione al fine di comprendere la tipologia di pressioni da quest’ultima esercitate durante l’ostico processo decisionale. Sono proprio quelle pressioni ad incidere sull’efficacia delle scelte intraprese, sul grado di raggiungimento dell’obiettivo. Sappiamo infatti che, qualora la proprietà faccia parte dell’odg, eserciterà pressioni ex ante sulle decisioni inerenti a dove si vuole arrivare e come lo si vuole fare. In caso contrario, l’influenza esercitata sarà ex post quindi, solo una volta ottenuti i risultati, si inciderà sulla struttura del “management”.
L’analisi può essere momentaneamente traslata dall’ambito aziendale a quello politico: ipotizziamo Silvio Berlusconi nella posizione di “proprietario morale del centro-destra” e Giorgia Meloni e Matteo Salvini, in primis, membri di quell’organo di governo incaricato di raggiungere lo scopo di vincere contro la sinistra in Italia.
Dunque, che tipo di pressione esercita “la proprietà” in tal caso? In virtù di quanto accaduto a Roma, dalle iniziali incomprensioni tra i tre leader sulle discutibili scelte del Cavaliere di puntare prima su Bertolaso poi su Marchini, alla scissione, alla conseguente battaglia della Meloni e alle critiche che hanno inondato web, testate giornalistiche, programmi tv e quant’altro, sembrerebbe facile porre “Berlusconi-proprietario morale” soggetto esterno, lontano dalla nuova destra che sta prendendo forma.
Ciò, inevitabilmente, ha condotto gli elettori, in vista della sconfitta nella Capitale, a ritenere fallimentari le vie intraprese: perché non siamo stati in grado di presentarci uniti lasciando prevalere interessi particolaristici? Così si è consegnata la città nelle mani dei 5stelle, si è ritenuto. “Berlusconi è da rottamare!” qualcun altro ha pensato. “La destra è finita”, amareggiati si è arrivati ad affermare.
Insomma tutto ciò che era stato fatto in quei caldi giorni di campagna elettorale è stato lecitamente giudicato dal popolo di destra totalmente sbagliato e, soprattutto, privo di ogni senso. La mancanza di una logica dietro ogni mossa è proprio ciò che non si riusciva ad ammettere e a capire.
Ma qui mi chiedo e vi chiedo: se invece una logica in realtà c’era? Impossibile escludere questa ipotesi proprio per la sua apparente assurdità. Il risultato di una indagine poi cambia a seconda del punto di vista dalla quale la si studia. Se vincere le elezioni su Roma fosse stato l’obiettivo primario saremmo tutti d’accordo nel dire che si è perso. Ma se invece l’obiettivo fosse stato un altro?
E’ sempre stato noto che Roma era per la destra una sfida ardua. L’esperienza ci ha insegnato che laddove i due grandi partiti d’Italia mancano di figure abbastanza carismatiche, non in grado di essere percepiti come nuovi risolutori onesti dei numerosissimi problemi esistenti, si riesce ad insinuare il Movimento5Stelle. La sconfitta sarebbe stata certa in ogni caso. Qualora il centro-destra si fosse presentato unito sarebbe potuto arrivare al ballottaggio contro Virginia Raggi ma avrebbe comunque perso: dove pensate che sarebbero confluiti i consensi del PD? Su un candidato voluto ed appoggiato da Silvio Berlusconi?
Ma, ancora, va considerato che Silvio Berlusconi per le sue doti e capacità è sempre stato un uomo “ingombrante”, se così può essere definito. Chiunque tentasse di farsi portavoce delle rinnovate idee e valori di destra doveva sopportare un confronto con il fondatore di Forza Italia, con colui il quale ha partecipato attivamente a passi importanti della storia del nostro paese e che vantava, e vanta tutt’oggi, una grande riconoscenza anche sul piano internazionale, quindi difficile da sostituire. E sicuramente anche per tutto ciò che è riuscito ad ottenere e per il suo carattere spesso irriverente, l’ex Premier è sempre stato bersaglio di critiche ed antipatie incontrollate nel nostro paese. Antipatie che spesso, purtroppo, hanno inciso negativamente anche su quei programmi o quei candidati da lui favoriti. E se anche la Meloni, qualora fosse stata appoggiata sin dall’inizio da Silvio Berlusconi nella sua corsa avesse pagato lo stesso “scotto”? Forse la leader di Fratelli d’Italia, che oggi può dirsi soddisfatta della percentuale di consensi portata a casa, non avrebbe raggiunto un così alto e meritato risultato se non avesse “combattuto la sua lotta da sola”. Che ciò sia stato fatto consapevolmente o meno non è certo, ma quello che lo è, è che Giorgia Meloni si è in questi giorni trasformata da “leader di un partito di destra” a “nuovo leader dell’intero centro-destra”, era quello di cui si necessitava e l’esperienza romana ce lo ha fornito. Per caso o per scelta di qualcuno.
E’ ridicolo pensare che, dietro le quinte dei vari battibecchi, ci sia stata la volontà di non far figurare più Silvio Berlusconi “proprietario” del centro-destra e di far si che il popolo si “riuscisse ad innamorare” di un nuovo personaggio? Giorgia Meloni: una donna, una persona determinata che è andata avanti esclusivamente grazie alle sue capacità e al suo temperamento, apparentemente colpita alle spalle dagli esponenti di Fi e, per giunta, in grado di proporre idee concrete e risolutive.
In questi anni contraddistinti da scandali politici che si sia trattato di Grillo , di Salvini o, volendo riportare la mente a molto tempo fa, di Di Pietro, gli italiani hanno sempre preferito dare il proprio consenso ai personaggi, più che ai politici, cioè a coloro in grado di andare a toccare le corde più profonde e deluse dei loro animi, risvegliandole e cavalcando la cresta dell’onda in un particolare momento di fragilità del paese, trattando temi di generale interesse aldilà dei tecnicismi politici. Questi “personaggi del nuovo show della politica” però, come si riscontra nella realtà di oggi, hanno sempre avuto una “data di scadenza”: si pensi alla perdita di terreno di Salvini, ruspe ed immigrati stanno diventando temi obsoleti per molti e le sue considerazioni al riguardo si conoscono a memoria.
Forse, e dico forse, quello che si è voluto tentare di fare a Roma più che vincere è stato distruggere il centro-destra volutamente perché spesso la distruzione è l’unica via per la trasformazione.