– Di Luca Proietti Scorsoni – Vorrei che questo foglio, sul quale mi accingo a scrivere, fosse uno strumento polisensoriale, ovvero un qualcosa che riesca a coinvolgere il potenziale lettore nella sua totalità percettiva. In pratica una sorta di storytelling – ormai si dice così – capace di far entrare, colui che sosta su questo portale, in una dimensione trascendente eppure così legata alla nostra pietas, in maniera nuova, andando oltre la memoria proprio nella giornata della memoria, come fosse un’apparente contraddizione concettuale ancor prima che lessicale.
Quindi non la memoria per ricordare ma i sensi, i nostri 5 sensi, per immaginare ciò che realmente è stato. Lasciamo che le parole lascino il passo alle percezioni per visitare Auschwitz. Il suono delle sirene e il sibilo dei proiettili, seguito dal tonfo di ossa, pelle e cartilagini; l’odore acre del fumo che conduce i bambini a giocare nel vento per poi dissolversi con esso; il bianco candore della neve, condannato a riflettere per sempre l’impotenza divina, che si staglia nel cielo plumbeo; il gusto di sorseggiare brodaglia arricchita dal letame dei ratti e dal vomito dell’uomo; le mani vive di dolore per il filo spinato che squarcia pelle e scava stimmati.
Se Dio esiste, di certo avrà perdonato, come impone il suo codice. Ma io, in quanto esile canna pensante, per dirla alla Pascal, non riesco.
E non chiedetemi più di farlo.