– di Filippo Del Monte – Il 4 novembre 1918 si concluse l’ultima offensiva italiana della Grande Guerra, quella che ci portò alla vittoria finale contro l’Impero austro-ungarico. Era dal 24 ottobre che le truppe italiane stavano martellando incessantemente le posizioni nemiche avanzando inesorabilmente sfondando quello schieramento nemico che nessuno, pensando alla disfatta di Caporetto dell’anno precedente, avrebbe mai creduto di annientare. Pagando un enorme tributo di sangue vincemmo sulle montagne, conquistammo quell’Adriatico tanto agognato e finalmente liberammo le città irredente. Il sogno di due generazioni d’Italiani era finalmente compiuto.
Al prezzo di 600 mila caduti l’Italia decise di essere Nazione per la prima volta nella sua breve storia unitaria. L’Italia nacque nel sangue e nel fango delle trincee, nacque nell’adrenalina pura degli assalti all’arma bianca; i suoi primi vagiti s’alternarono al cupo canto della mitraglia; la sua fonte battesimale fu la fossa scavata dalle artiglierie nella nuda terra; la sua culla fu un affusto di cannone; dall’urlo di dolore del fante colpito nella corsa uscì il grido di vita della nuova Italia. Nel momento in cui l’Italiano indossò l’uniforme grigioverde in quel maggio 1915 la Storia di questa terra non fu più la stessa, e quella scelta ebbe il suo compimento proprio il 4 novembre del 1918. Quattro anni di sofferenze, di speranze e di dubbi, tanti e tanti dubbi, che vennero poi confutati sulle rive del Piave ed a Vittorio Veneto.
L’Italia tutta rispose agli scettici ed ai traditori a colpi di baionetta; la situazione disperata fu ribaltata dalla volontà, non vi sono altre spiegazioni alla trasformazione morale di un popolo che dallo sbandamento di Caporetto giunse al trionfo di Vittorio Veneto. Quella stessa volontà che spingeva gli Arditi – trasposizione moderna d’antico eroismo – ad andare all’assalto delle trincee nemiche incuranti della morte. Quella stessa volontà ch’è diventata simbolo ideale della nostra Santa Guerra, della nostra Giusta Guerra, della nostra Vittoriosa Guerra.
Perché di vittoria si trattò; magari mutilata, magari incompleta, ma comunque vittoria. E sarebbe giusto ricordarsela questa vittoria, ricordarsi di essere stati un popolo almeno per una volta nella propria storia, senza divisioni, senza tristi pontificali e senza moralismi da quattro soldi. Le vittorie vanno festeggiate con enfasi, perché non potrebbe esserci più grande rispetto per quei morti che ricordarli così e non sommessamente, perché sommessamente si celebrano i funerali e le sconfitte. Eppure il 4 novembre non si stanno ricordando né un funerale né una sconfitta, ma si stanno ricordando un battesimo collettivo ed una vittoria.
Ed allora buon 4 novembre italiani, questa è la nostra festa!